Nel corso dell’indagine sull’omicidio di Roua Nabi, una donna tunisina di 35 anni brutalmente assassinata a Torino da Abdelkader Ben Alaya, suo connazionale di 48 anni, emergono dettagli scioccanti sulle circostanze che hanno portato alla tragedia. Quattro segnali di allarme provenienti da un braccialetto antistalking indossato dal marito non sono stati adeguatamente gestiti dalla sala operativa delle forze dell’ordine, proprio nel momento in cui l’uomo compiva l’atroce gesto.La vicenda si dipana in un susseguirsi di eventi tragici e segnali ignorati: la compagnia telefonica che monitorava i dispositivi ha fornito agli inquirenti prove concrete degli alert emessi dal braccialetto di Ben Alaya, non solo il giorno dell’omicidio ma anche in precedenza. Questo scabroso dettaglio solleva interrogativi sulle possibili mancanze nel sistema di monitoraggio e protezione delle vittime di stalking e violenza domestica.L’impossibilità per il marito violento di avvicinarsi alla moglie a causa delle denunce per maltrattamenti avrebbe dovuto essere un campanello d’allarme sufficiente per intervenire tempestivamente e prevenire la tragedia. Tuttavia, la mancata presa in carico degli alert lanciati dal braccialetto rappresenta una grave negligenza che ha contribuito al triste epilogo del caso.Questa dolorosa vicenda mette in luce la necessità di rafforzare le misure di protezione per le vittime di violenza domestica e stalking, affinché segnali come quelli emessi dal braccialetto antistalking non cadano nel vuoto. È fondamentale garantire una risposta rapida ed efficace alle situazioni a rischio, al fine di prevenire ulteriori tragedie simili a quella che ha sconvolto la vita di Roua Nabi e della sua famiglia.
Tragedia a Torino: mancate risposte agli allarmi antistalking.
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