Il Südtiroler Heimatbund, voce storica e rappresentativa delle comunità di lingua tedesca in Alto Adige, ha nuovamente sollevato la questione del Monumento alla Vittoria di Bolzano, esprimendo un acceso dissenso nei confronti del progetto di restauro e ribadendo la richiesta di demolizione.
 Questa polemica, lungi dall’essere un mero scontro sull’integrità fisica di una struttura, incarna un profondo conflitto identitario e interpretativo della storia altoatesina, segnata da profonde ferite e da una complessa stratificazione di memorie.
Il monumento, eretto nel 1928 sotto il regime fascista, costituisce per l’Heimatbund un’impronta indelebile di un’epoca di oppressione e cancellazione culturale.
 La sua presenza, secondo il presidente Roland Lang, non può essere neutralizzata da interventi di riqualificazione estetica, poiché incarna simbolicamente la brutalità dell’annessione e la sistematica soppressione dell’identità sudtirolese.
  L’associazione denuncia, con forza, come tale monumento rappresenti non solo un’espressione di espansionismo militarista, ma anche un’offesa alla dignità della popolazione di lingua tedesca, costretta a subire politiche repressive volte a italianizzare forzatamente la regione.
La posizione del sindaco Claudio Corrarati, che vede nel monumento un bene architettonico e storico di pregio, è aspramente contestata dall’Heimatbund.
Tale interpretazione, definita “incomprensibile per ogni antifascista”, ignora, a loro dire, la profonda carica ideologica e dolorosa del manufatto.
Per l’associazione, l’argomentazione di un valore intrinseco, indipendente dal contesto storico e dalle sofferenze che esso rappresenta, appare una forzatura retorica che non può minimizzare la profonda ferita che il monumento continua ad infliggere.
La polemica si concentra in particolare sulle incisioni che adornano la struttura, definite “offensive” e “vergognose”.
La frase, che celebra l’imposizione di lingua, leggi e arte ai confini della “patria”, è percepita come una distorsione della realtà storica, una narrazione falsa che pretende di attribuire all’invasione italiana un ruolo quasi benigno, come se la comunità sudtirolese avesse in qualche modo preceduto e legittimato l’azione del regime fascista.
 Questa lettura è contestata con veemenza, poiché riduce la resistenza e le sofferenze del popolo sudtirolese a un ruolo marginale e passivo.
L’Heimatbund non intende una semplice rimozione fisica del monumento, ma una rielaborazione profonda della memoria storica, un processo di decolonizzazione culturale che riconosca e valorizzi l’identità sudtirolese nella sua complessità e nel suo diritto all’autodeterminazione.
 La richiesta di demolizione rappresenta quindi una richiesta di giustizia, un atto di rivendicazione della propria storia e della propria dignità, al fine di costruire un futuro di convivenza pacifica e di reciproco rispetto.
 La questione del Monumento alla Vittoria si configura, in definitiva, come un banco di prova cruciale per la capacità dell’Alto Adige di affrontare il proprio passato e di costruire un futuro basato sulla verità e sulla riconciliazione.



 
                                    


