La recente manovra amministrativa della giunta provinciale solleva interrogativi profondi sulla gestione delle risorse e sulla relazione tra ente di governo locale e comuni, in particolare quelli ad alta vocazione turistica.
Attraverso un meccanismo apparentemente tecnico, una disposizione contenuta nelle nuove linee guida per il finanziamento comunale, si sta intaccando un diritto precedentemente riconosciuto ai comuni: la possibilità di trattenere il 10% della tassa di soggiorno.
Questa somma, destinata a compensare le crescenti pressioni esercitate dal turismo, viene ora sottratta direttamente dal finanziamento comunale, configurando, secondo i Verdi, una sorta di “retromarcia” su una concessione ottenuta a caro prezzo.
La questione non è meramente contabile, ma tocca il cuore della sostenibilità e della vitalità di territori fortemente dipendenti dal turismo.
I comuni, soprattutto quelli definiti “hot-spot” per l’ingente flusso di visitatori, si trovano a fronteggiare sfide complesse: garantire infrastrutture adeguate, assicurare l’erogazione di servizi essenziali come l’acqua potabile, gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, mantenere efficienti sistemi di mobilità.
Queste responsabilità, spesso assunte con risorse limitate, si aggravano in proporzione all’aumento del flusso turistico, un fenomeno che amplifica le necessità di investimento e manutenzione.
L’esempio di Badia, un comune con una densità abitativa relativamente bassa (3.500 residenti) ma un numero elevatissimo di posti letto turistici (quasi 11.000) e un parco di seconde case considerevole (circa 600 unità), illustra vividamente la problematica.
Durante l’alta stagione, l’amministrazione comunale si trova a gestire una popolazione equivalente a quella di una piccola città, una realtà che impone un notevole sforzo economico e organizzativo.
I sindaci ladini, in passato, avevano strenuamente difeso la possibilità di trattenere una quota della tassa di soggiorno proprio per far fronte a queste spese, riconoscendone la necessità imprescindibile per la gestione del territorio.
L’attuale provvedimento, che vanifica questo diritto, rappresenta dunque una frustrante inversione di rotta, che rischia di compromettere la capacità di risposta dei comuni alle esigenze del proprio territorio.
L’episodio riflette una più ampia problematica: la difficoltà della politica provinciale a emanciparsi dalle dinamiche, spesso conflittuali, del settore turistico.
Sembra che ogni volta che il turismo si scontra con le necessità di una gestione sostenibile, prevalga una logica di compromesso che finisce per penalizzare i comuni e la qualità della vita dei residenti.
La questione solleva dubbi sulla reale volontà di costruire un modello di sviluppo turistico equo e rispettoso del territorio e delle comunità locali, invitando a una profonda riflessione sulle priorità e sugli strumenti di pianificazione strategica.
La necessità di un ripensamento radicale del sistema di finanziamento locale e di un maggiore coinvolgimento dei comuni nelle decisioni strategiche è ormai un imperativo ineludibile.