L’avvento di nuove tecnologie applicate alla produzione alimentare solleva interrogativi profondi e inedite sfide per il futuro del nostro sistema agroalimentare. L’attuale discussione si concentra su una narrazione, spesso manipolata, che presenta cibi fabbricati in laboratorio come soluzioni ottimali in termini di salute, economicità e sostenibilità ambientale. Questa narrazione, tuttavia, cela una realtà ben più complessa e potenzialmente pericolosa: la concentrazione del potere di produzione alimentare nelle mani di un numero ristretto di soggetti, con conseguenze imprevedibili per l’autonomia e la sicurezza alimentare delle comunità.La proposta di un fondo unico, che mira a integrare risorse agricole con quelle destinate alla coesione sociale, rappresenta un punto di svolta critico. L’unione forzata di queste risorse, anziché promuovere un supporto mirato e strategico, rischia di erodere le fondamenta dell’agricoltura italiana, privando agricoltori e allevatori di risorse vitali per la loro sopravvivenza e per la tutela di un patrimonio culturale e paesaggistico inestimabile. Un simile provvedimento, se approvato, equivarrebbe a un colpo mortale per un settore che rappresenta non solo un motore economico essenziale, ma anche un pilastro dell’identità nazionale.L’agricoltura italiana non è semplicemente una questione di produzione alimentare. È un intreccio complesso di tradizioni secolari, competenze artigianali, legami comunitari e un profondo rispetto per la terra e i suoi cicli naturali. Il cibo, in questo contesto, è espressione di cultura, coesione sociale e senso di appartenenza. Trasformare questa ricchezza in un mero prodotto industriale, standardizzato e controllato da poche multinazionali, significa svilire il suo valore intrinseco e privare le comunità di un elemento fondamentale della loro identità.L’episodio del Nutriscore rappresenta un precedente significativo. La comune opposizione a un sistema di etichettatura potenzialmente dannoso per i nostri prodotti agroalimentari dimostra che, di fronte a una minaccia reale, l’Italia è in grado di agire con unità di intenti, superando divisioni politiche e territoriali. La mobilitazione di Coldiretti, e il sostegno che ha generato, hanno contribuito a far comprendere all’Europa la forza di un fronte compatto e determinato.È necessario, quindi, replicare questo approccio unitario nell’affrontare le nuove sfide poste dalla produzione alimentare di laboratorio. Non si tratta di un rifiuto a priori dell’innovazione tecnologica, ma di un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici, con l’obiettivo di proteggere la sovranità alimentare, la biodiversità e il futuro delle nostre comunità rurali. La vigilanza costante, la denuncia delle pratiche manipolative e la costruzione di un fronte comune sono gli strumenti necessari per preservare il valore intrinseco del cibo e garantire un futuro sostenibile per l’agricoltura italiana. Il coraggio di difendere la nostra identità agroalimentare è un dovere civico e un investimento per le generazioni future.
Cibo in laboratorio: rischio per l’agricoltura italiana?
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