Ulisse Benedetti e il leggendario Beat 72: un crocevia culturale che ha segnato la scena teatrale romana

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Ulisse Benedetti, un giovane visionario di soli 24 anni, dotato di una fervida curiosità e di un acuto fiuto per le nuove tendenze culturali, ha contribuito in modo significativo alla diffusione della cultura Beat americana in Italia. Nel lontano 1964, Benedetti affittò una cantina a Trastevere, che sarebbe diventata celebre con il nome di Beat 72, in onore del numero civico di via G. Belli. Questo luogo divenne presto un punto di riferimento per gli amanti dell’avanguardia artistica e culturale, ospitando spettacoli pionieristici che avrebbero lasciato un’impronta indelebile nella storia teatrale romana.Tra i primi ad esibirsi al Beat 72 vi fu il geniale Carmelo Bene, insieme a Lydia Mancinelli, presentando opere innovative come “Nostra signora dei turchi”, che stupirono il pubblico con la loro combinazione unica di parole e vocalità sospese tra dramma e realtà. Questa cantina buia e suggestiva, situata a pochi passi dal fiume Tevere, divenne il crocevia della neoavanguardia romana negli anni Settanta, influenzando profondamente il panorama teatrale italiano con la sua ricerca fisica e visiva.Il Beat 72 vide la partecipazione di artisti iconici come Giuliano Vasilicò e Memè Perlini, che presentarono spettacoli indimenticabili come “Le 120 giornate di Sodoma” e “Pirandello chi?”, suscitando reazioni contrastanti ma sempre intense nel pubblico presente. Grazie all’iniziativa di Benedetti, insieme a Carella e Franco Cordelli, furono organizzate serate poetiche che diedero vita al primo Festival dei poeti di Castelporziano nel 1979.Questo luogo leggendario rimase aperto fino al 1986, continuando ad accogliere artisti innovativi e provocatori che avrebbero segnato la storia del teatro italiano. Nomi illustri come Leo De Berardinis, Roberto Benigni e Mario Martone varcarono le soglie del Beat 72 per sperimentare, creare e sfidare le convenzioni artistiche dell’epoca.Il contributo del Beat 72 alla scena teatrale romana è stato fondamentale nel plasmare un nuovo linguaggio artistico basato sull’esplorazione dei confini tra parola e silenzio, movimento corporeo e luce scenica. Questo luogo magico ha rappresentato non solo uno spazio fisico per lo spettacolo ma anche un crocevia culturale dove idee rivoluzionarie si sono intrecciate dando vita a opere indimenticabili che hanno lasciato un’impronta duratura nella memoria collettiva degli appassionati d’arte.

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