08 aprile 2025 – 16:37
Il destino sembrava aver deciso per lui fin dal giorno in cui aveva lasciato la sua terra natale, l’Arabia Saudita, diretto verso il matrimonio con la donna amata. Ma la vita ha un modo imprevedibile di girarsi contro le persone e questo siriano di 34 anni, ora residente a Catania, si ritrovò fermato alla partenza per la cerimonia da un evento che non poteva essere preveduto: il fermo della polizia all’aeroporto di Malpensa. Fu così che incontrò una nuova realtà, quella del Centro di permanenza per richiedenti asilo (Cpr) di corso Brunelleschi a Torino.L’episodio, riportato in un articolo de “La Stampa”, rappresenta la storia di molti migranti che si ritrovano in situazioni simili. La loro vita viene improvvisamente sospesa e i loro destini sono affidati alle autorità italiane.Un primo punto critico fu l’accusa da parte della Commissione nazionale per il diritto di asilo, istituita nel 1998 dal governo italiano a seguito della Convenzione di Ginevra, che revocò lo status di rifugiato al siriano. La motivazione alla base del provvedimento fu l’asserita sussistenza dell’autorità giudiziaria di un reato commesso in passato.Tuttavia, la Corte d’appello di Torino si è occupata della vicenda e ha stabilito che il trattenimento nella struttura era illegittimo. La sentenza non si limita a sostenere l’aspetto legale, ma è anche un riconoscimento del valore morale della persona interessata.L’intervento di Andrea Giovetti e Monica Grosso, avvocati difensori del siriano, ha portato alla luce ulteriori questioni che hanno messo in discussione le motivazioni dell’azione compiuta. Gli avvocati sostengono che il fermo a Milano fosse irregolare, in quanto la legge italiana non consente di rinchiudere i rifugiati politici in un Centro di permanenza per richiedenti asilo.La Commissione nazionale per il diritto di asilo ha stabilito la revoca del suo status come rifugiato. Tuttavia gli avvocati difensori dell’uomo sostengono che, finché l’iter non è concluso e l’autorità giudiziaria non ha deciso, egli rimane un rifugiato politico ed è quindi libero.La vicenda è stata ulteriormente complessificata dalla richiesta di convalida avanzata dal questore di Varese, ma il caso venne inviato alla Corte d’appello e la competenza era della stessa. In questo modo non fu possibile ottenere la convalida. La situazione è stata ulteriormente modificata nel corso degli eventi: il 5 aprile la questura di Torino ha emesso un nuovo provvedimento disponendo il trattenimento del siriano e inviando la richiesta alla Corte d’appello.In questo modo si è venuta a creare una situazione problematica. Il successivo decreto di trattenimento, emesso dalla questura di Torino, fu trasmesso oltre le 48 ore dal primo provvedimento di privazione della libertà personale e pertanto è stato considerato illegittimo dai magistrati.L’iter giudiziario che ha portato alla liberazione del siriano rappresenta un precedente importante per l’Italia, in quanto la Corte d’appello ha stabilito la regolarità delle procedure di convalida e di libertà personale nel contesto della normativa vigente.