“Un padre e un figlio: tra dolore, speranza e redenzione”

Nicola Turetta si trovava di fronte al figlio Filippo, rinchiuso in carcere per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Le parole che gli rivolgeva erano cariche di dolore e speranza, un mix di disperazione e forza interiore. “Hai commesso un errore, ma non sei un criminale. Non sei un assassino, non sei un terrorista. Devi trovare la forza dentro di te per superare questo momento oscuro”, così lo incitava il padre. Era un dialogo toccante, intimo e privato, reso pubblico solo in seguito all’intercettazione degli investigatori e alla sua inclusione nel fascicolo processuale.L’incontro tra padre e figlio rappresentava un momento cruciale dopo la fuga di Turetta e la sua successiva cattura in Germania. Il giovane aveva confessato l’uccisione di Giulia e l’abbandono del corpo in un bosco del Friuli, gesto che aveva sconvolto l’opinione pubblica. Nel corso della conversazione, Filippo aveva persino domandato al padre se avesse perso il lavoro a causa sua, dimostrando una fragilità emotiva che faceva male al cuore.Le parole di conforto pronunciate da Nicola Turetta erano cariche di amore paterno, di quella voglia irrefrenabile di proteggere il proprio figlio anche quando aveva commesso l’imperdonabile. “Non sei solo in questa situazione. Altri hanno sbagliato come te, ma devi trovare la forza di laurearti dalla tua tragedia personale”, continuava a ripetere con voce ferma ma tremante.Quel colloquio resterà impresso nella memoria di entrambi per sempre, come un momento sospeso tra il perdono e la condanna, tra la speranza e il rimorso. La strada verso la redenzione sarebbe stata lunga e tortuosa, ma era l’unica via possibile per cercare una nuova vita oltre il dolore e la colpa che li avvolgevano.