Undici vite spezzate, undici storie interrotte nel silenzio dell’oceano

Undici vite spezzate, undici storie interrotte nel silenzio dell’oceano. Il mare, testimone impassibile di tragedie umane che si consumano in lontani orizzonti, ha restituito i corpi di undici migranti al largo della Libia. L’aereo Seabird di Seawatch ha fatto la sua scoperta crudele, segnalando la presenza dei corpi alla nave Geo Barents di Medici senza frontiere. Quest’ultima, già impegnata nel salvataggio di due imbarcazioni cariche di speranze e disperazioni naufraghe, si è fatta carico del triste compito del recupero. Ora, a bordo della Geo Barents viaggiano non solo 165 sopravvissuti con gli occhi ancora pieni di paura e gratitudine, ma anche undici salme che raccontano storie mai ascoltate.Il destino ha deciso che il porto di Genova sarebbe stato il luogo dove le vite interrotte avrebbero trovato pace. Più di 600 miglia nautiche separano quel porto dal luogo dell’intervento umanitario: un viaggio lungo e doloroso verso una terra sconosciuta per molti, ma che ora diventa il rifugio finale per quegli undici migranti sconosciuti.Ogni corpo racconta una storia diversa, un passato dimenticato da cui cercavano fuga o speranza altrove. Ora riposano in mare aperto, avvolti dal silenzio delle onde e dalla compassione degli uomini e delle donne che si sono adoperati per offrire loro una seconda possibilità.Che il loro viaggio abbia fine a Genova è un segno tangibile della solidarietà umana che supera confini e distanze. Che le loro storie non siano dimenticate è un imperativo morale per chiunque abbia cuore e coscienza. Undici vite spezzate che chiedono giustizia e rispetto fino all’ultimo respiro nell’abbraccio generoso del porto ligure.