Uto Ughi, maestro del violino, celebra 80 anni di passione e talento, conquistando il cuore di tutti con la sua arte senza confini.

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15 gennaio 2024 – 12:16

Il violino è un maestro implacabile che non perdona la trascuratezza. Come diceva Paganini: se smetto di studiare per un giorno, me ne accorgo io; se smetto per due giorni, se ne accorgono gli altri. È un tiranno senza pietà, non concede tregua. Uto Ughi, che festeggerà il suo ottantesimo compleanno il 21 gennaio, fa il bilancio di una vita passata a sfidare lo strumento che gli ha conferito fama mondiale.La storia del violinista, erede della grande scuola italiana, è un viaggio nella musica classica del secondo Novecento. Futuri solisti e illustri direttori come Barenboim, Mehta e Accardo hanno studiato con lui; il compositore George Enescu è stato il suo maestro; ha frequentato lezioni a Siena tenute da Artur Rubinstein, Andrès Segovia e Pablo Casals; si è esibito con i più grandi nomi del podio come Pretre, Sawallish e Celibidache; Rostropovich era suo amico. La lista potrebbe continuare così come l’elenco delle sale da concerto internazionali dove è stato acclamato.Severo ed esigente, Ughi non fa sconti a sé stesso. “Sono un ricercatore insaziabile”, dice in un’intervista all’ANSA, “insoddisfatto di me stesso ma sempre desideroso di migliorare e di riuscire a condividere la gioia di fare musica”. Per il suo compleanno sarebbe felice di ricevere un nuovo Guarneri dalla voce potente, fresco come quando è stato creato e non stanco dopo anni di utilizzo, come il violino del 1774 dalla voce più scura che suona in coppia con l’eccezionale Stradivari del 1701 appartenuto a Rodolphe Kreutzer, al quale Beethoven ha dedicato la celebre sonata.L’amore per la musica ha radici antiche nella sua famiglia. La nonna paterna, una austriaca diplomata al conservatorio, ha voluto che tutti i suoi figli imparassero a suonare uno strumento. Ughi conserva bei ricordi dei suoi primi anni di studio. “Andavo a Milano”, racconta il musicista nato a Busto Arsizio, “per ascoltare i concerti dei grandi violinisti dell’epoca. Il primo fu Jascha Heifetz al Teatro Nuovo. Ho cominciato a studiare al conservatorio di Milano, poi a Parigi; l’esperienza più intensa è stata con Enescu all’Ecole Normale”. Il maestro lo ha portato all’Accademia Chigiana dove teneva corsi. “Siena è stato per me un mondo che si apriva”, dice ricordando che dal febbraio scorso cura la direzione artistica delle celebrazioni del centenario dell’Accademia. “Andavamo da una classe all’altra per seguire la chitarra di Segovia, il violoncello di Casals, il pianoforte di Rubinstein. Era il Simposio, l’Olimpo della musica occidentale”.Dopo aver debuttato in pubblico a 7 anni al Teatro Lirico di Milano e aver suonato per la prima volta con un’orchestra a 10 anni nel concerto di Mendelssohn e nella Ciaccona di Bach, ha proseguito gli studi tra Parigi, Vienna e Ginevra, dove si è diplomato a 16 anni. Maestro, quanto tempo dedica al suo strumento? “Non c’è una regola”, risponde, “dipende dall’obiettivo e dall’opera che si vuole eseguire. Bach, ad esempio, va studiato per tutta la vita. È il padre della grande musica, la Bibbia, il Vangelo”. Sui maestri e i direttori da ringraziare è difficile fare una classifica, ma Ughi ha una predilezione per Arthur Rubinstein: “Un artista sublime, un campione anche nella condivisione delle emozioni come nessun altro”.Da tempo il suo maggior rammarico è l’indifferenza e l’insensibilità della politica nei confronti dell’insegnamento della musica nelle scuole; ancora più grave – sottolinea – in un Paese che conta

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