70 anni fa, un accordo segnò l’Europa del lavoro: riflessioni a Verona

Settanta anni fa, il 20 dicembre 1955, l’accordo italo-tedesco sul lavoro siglò un capitolo cruciale nella storia del Novecento, un momento di transizione segnato dalla ricostruzione post-bellica e dall’emergente integrazione europea.
A Verona, città che in quell’epoca si configurava come un nodo strategico per i flussi migratori verso il Nord Europa, il Comune, in sinergia con il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI), ha commemorato questa ricorrenza con un evento che ha superato la mera celebrazione per diventare un’occasione di riflessione profonda sulle dinamiche migratorie, l’identità europea e il ruolo del lavoro nella costruzione di comunità.
Il convegno, tenutosi nel cuore storico del Palazzo della Gran Guardia, ha visto la partecipazione di personalità di spicco del panorama istituzionale e culturale, tra cui il Console Generale della Repubblica Federale di Germania a Milano, l’Ambasciatore d’Italia in Germania e un rappresentante di Gruppo Fs, a testimonianza dell’importanza transnazionale dell’evento.
Il sindaco Damiano Tommasi ha sottolineato come Verona, allora crocevia per i lavoratori diretti verso Monaco – fulcro di accoglienza per i migranti provenienti da tutta Italia – continui a risuonare con le sfide contemporanee.
La mobilità lavorativa, oggi come allora, è un elemento imprescindibile dell’economia globale, un motore di sviluppo che, tuttavia, si scontra con narrazioni spesso distorte e strumentali, incapaci di valorizzarne il contributo sociale ed economico.
L’accordo del 1955, infatti, non fu solo un patto economico, ma un atto di cooperazione che gettò le basi per una nuova Europa, un continente ricostruito sul lavoro, sulla condivisione di esperienze e sulla creazione di legami umani.

Migliaia di italiani, uomini e donne, lasciarono le proprie case e le proprie comunità, affrontando sfide e privazioni per costruire una vita migliore, contribuendo in maniera determinante alla rinascita industriale della Germania.

La loro storia, spesso silenziata o marginalizzata, è un tassello fondamentale per comprendere l’evoluzione dell’identità europea e il significato profondo della cittadinanza.
Paolo Masini, presidente della Fondazione Mei, ha enfatizzato la necessità di coinvolgere le nuove generazioni in questa riflessione, riconoscendo che la comprensione del passato è essenziale per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro più inclusivo.
La proiezione del documentario “Un sogno italiano” ha offerto uno sguardo intimo e toccante sulle esperienze dei lavoratori italiani in Germania, restituendo voci e testimonianze che altrimenti sarebbero rimaste inascoltate.

L’evento non si è limitato alla commemorazione di un accordo diplomatico, ma ha promosso un dialogo aperto e costruttivo sulle dinamiche migratorie contemporanee, sull’importanza di contrastare la disinformazione e di valorizzare il contributo dei migranti nella costruzione di una società più giusta e solidale.

Il futuro dell’Europa, infatti, dipende dalla capacità di accogliere e integrare chi proviene da lontano, riconoscendo in ogni individuo una risorsa preziosa per lo sviluppo collettivo.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap