Un colpo significativo alla criminalità agroalimentare è stato inferto dalle Fiamme Gialle di Padova, che hanno proceduto alla confisca di beni per un valore complessivo di 4.762.261 euro, colpendo quattro imprenditori agricoli padovani condannati per una sofisticata frode ai danni dell’Unione Europea.
L’operazione, culminata in una sentenza irrevocabile emessa dalla Corte di Cassazione, rappresenta un caso emblematico di abuso del sistema di finanziamento agricolo comunitaria e solleva interrogativi sulla vigilanza e l’efficacia dei controlli.
L’inchiesta, protrattasi per anni, ha svelato un meccanismo fraudolento architettato dagli indagati, titolari di sei società dislocate in diverse regioni italiane, tra cui Padova, L’Aquila e Perugia.
Questi, privi dei requisiti di legge per accedere ai contributi del Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA), hanno manipolato il sistema sfruttando la figura dei prestanome.
Due giovani agricoltori, apparentemente in regola con i requisiti, sono stati inseriti nel tessuto aziendale come frontmen, consentendo agli indagati di presentare domanda e incassare ingiustamente fondi destinati a sostenere l’agricoltura.
L’inganno, tuttavia, si è rivelato molto più complesso di una semplice presentazione di domanda.
Gli indagati hanno costruito una rete intricata di operazioni finanziarie, compravendite fittizie e fusioni societarie, orchestrate con l’unico scopo di trasferire i fondi incassati dai prestanome ai propri conti.
Questo sistema ha permesso loro di eludere i controlli e di appropriarsi di risorse pubbliche per un valore superiore ai quattro milioni di euro, destinati a sostenere attività agricole legittime.
Le indagini patrimoniali, condotte con meticolosa accuratezza, hanno consentito di ricostruire il percorso illecito dei fondi e di individuare i beni acquistati con il provento della frode.
A patrimonio dello Stato sono confluiti, pertanto, partecipazioni societarie, disponibilità finanziarie, polizze assicurative, fabbricati, terreni e un complesso aziendale.
Oltre alla confisca, i responsabili hanno subito condanne penali che variano da un anno e otto mesi a due anni e otto mesi di reclusione.
La vicenda non si esaurisce con la sentenza penale.
La Procura Regionale della Corte dei Conti del Veneto è stata incarata di valutare il danno erariale causato dalla frode, e ha disposto il sequestro conservativo anticipato di beni per un valore di 3,9 milioni di euro.
Gli organismi pagatori sono stati inoltre informati per avviare le procedure di recupero delle risorse indebitamente percepite.
Questo caso, che testimonia la crescente sofisticazione delle frodi in ambito agricolo, sottolinea l’importanza di rafforzare i sistemi di controllo e di vigilanza per garantire la corretta destinazione dei fondi europei e la tutela del settore agricolo, un pilastro fondamentale dell’economia italiana e dell’Unione Europea.
L’azione delle Fiamme Gialle evidenzia il ruolo cruciale delle forze dell’ordine nella lotta alla criminalità agroalimentare e nella salvaguardia del patrimonio pubblico.