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Diabete: Nuova Frontiera con AI e Microbioma

Rimodellare la Previsione del Diabete: Un Approccio Integrato tra Sensori Indossabili, Intelligenza Artificiale e MicrobiomaUn team internazionale di ricercatori, frutto di una collaborazione tra lo Scripps Research Translational Institute (USA) e l’Università di Padova, sta aprendo nuove frontiere nella diagnosi precoce e nella gestione del prediabete, sfruttando il potenziale sinergico di sensori indossabili, algoritmi di intelligenza artificiale e analisi del microbioma intestinale.

Questo approccio innovativo promette di superare i limiti delle tradizionali metodologie diagnostiche e di offrire una visione più olistica della salute metabolica individuale.

Storicamente, la diagnosi del prediabete si è basata primariamente sull’analisi dell’emoglobina glicata (HbA1c), un indicatore del controllo glicemico medio negli ultimi mesi.

Nonostante la sua utilità, l’HbA1c presenta intrinsecamente una limitazione: l’incapacità di predire con accuratezza la traiettoria individuale, ovvero chi è destinato a progredire dallo stato di normoglicemia al prediabete o, successivamente, al diabete di tipo 2.

La variabilità interindividuale nella risposta agli stimoli alimentari e allo stile di vita rende la previsione un compito complesso per un singolo valore di laboratorio.
Il nuovo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista *Nature Medicine*, introduce un modello predittivo avanzato che integra dati provenienti da monitoraggio continuo del glucosio (CGM), analisi del microbioma intestinale, informazioni dettagliate sulla dieta, i livelli di attività fisica, profili genetici e dati clinici storici.

Questo approccio multi-dimensionale permette di catturare dinamiche metaboliche sfumate e spesso trascurate dalle metodologie tradizionali.

Il team di ricerca, guidato da Mattia Carletti e coordinato da Giorgio Quer, ha sfruttato le competenze e l’esperienza sviluppate durante il dottorato presso il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova.
Il contributo di Riccardo Miotto, attraverso la partnership con Tempus Ai, ha giocato un ruolo cruciale nella gestione dei dati e nell’avanzamento del progetto.
L’analisi dei dati provenienti dai CGM rivela che, sebbene le fluttuazioni della glicemia siano fisiologiche, in particolare in risposta all’assunzione di cibo, i picchi glicemici frequenti e/o elevati possono indicare una compromissione della capacità dell’organismo di regolare efficacemente il glucosio.
Mentre nelle persone sane la glicemia tende a stabilizzarsi rapidamente dopo i pasti, individui a rischio di diabete spesso mostrano un ritorno più lento e prolungato ai valori di base.
Lo studio ha dimostrato che il monitoraggio di queste fluttuazioni quotidiane fornisce un quadro molto più dettagliato della salute metabolica e può consentire un’identificazione precoce dei segnali d’allarme.

Per validare il modello, è stato condotto uno studio clinico completamente remoto che ha coinvolto oltre mille partecipanti reclutati attraverso canali social negli Stati Uniti.
Questi partecipanti, comprendenti individui con prediabete, diabete e soggetti sani, hanno indossato dispositivi CGM Dexcom G6, registrato dettagliatamente i loro pasti, monitorato l’attività fisica attraverso smartwatch, e fornito campioni di sangue, saliva e feci per analisi approfondite.
L’accesso alle cartelle cliniche elettroniche ha arricchito ulteriormente il dataset.
L’intelligenza artificiale è stata addestrata su questo ricco pool di dati per distinguere tra individui con diabete di tipo 2 e soggetti sani.
Un indicatore chiave di rischio individuato è stato proprio il “tempo di ritorno alla base” dopo i picchi glicemici: una durata significativamente più lunga, superiore a 100 minuti, è stata associata a una maggiore probabilità di sviluppare il diabete.
Oltre al profilo glicemico, lo studio ha evidenziato un’associazione significativa tra la composizione del microbioma intestinale e il controllo glicemico.
Una maggiore diversità microbica è stata correlata a una migliore regolazione del glucosio, mentre un livello di attività fisica più elevato si è dimostrato protettivo.
In contrasto, una frequenza cardiaca a riposo elevata è stata collegata a un aumentato rischio di sviluppare il diabete.

La ricerca non si ferma qui.

Il team continuerà a monitorare i partecipanti per valutare se le previsioni del modello si concretizzino in una reale progressione clinica della malattia.

Per garantire la robustezza e la generalizzabilità del modello, è stata condotta una validazione indipendente utilizzando dati provenienti da pazienti dell’Istituto Weitzman in Israele, rafforzando la sua potenziale applicazione clinica su vasta scala.

L’auspicio è che questo approccio integrato possa rivoluzionare la prevenzione e la gestione del diabete, offrendo una medicina più personalizzata e proattiva.

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