Il silenzio di Dino Ramponi, uno dei protagonisti di una vicenda che ha scosso profondamente la comunità veronese, ha segnato l’inizio di un interrogatorio di garanzia carico di implicazioni.
Insieme alla sorella Maria Luisa, Ramponi si trova al centro di un’inchiesta per strage, gravato dall’accusa di essere corresponsabile della tragica esplosione che ha squarciato il casolare di Castel d’Azzano, strappando la vita a tre carabinieri e lasciando un segno indelebile nella memoria di ventisette feriti.
L’interrogatorio, celebrato nel carcere di Montorio, davanti al Giudice per le Indagini Preliminari Carola Muzio, assume un significato cruciale nella complessa ricostruzione degli eventi che hanno portato alla catastrofe.
La scelta di Ramponi di esercitare il diritto al silenzio, una prerogativa fondamentale nel sistema giudiziario, solleva interrogativi e accresce la necessità per la magistratura di ricostruire la dinamica dei fatti attraverso altre fonti di prova.
L’avvocato difensore, Fabio Porta, ha immediatamente fornito una versione alternativa, sostenendo l’alibi del suo assistito: Ramponi, secondo la sua difesa, si trovava lontano dal casolare, impegnato nel lavoro nei campi, al momento dell’esplosione.
Questa dichiarazione rappresenta un tentativo di distanziamento dall’accusa di strage, introducendo un elemento che, se confermato, potrebbe modificare radicalmente l’interpretazione della sua posizione.
L’esplosione, alimentata da una satura di gas, ha trasceso una semplice tragedia: ha innescato un’indagine complessa, che mira a disvelare le responsabilità e a comprendere le motivazioni che hanno portato a un evento così devastante.
La dinamica dell’accaduto, la composizione chimica dell’ordigno e le possibili connessioni con altre attività criminali sono tutti elementi che la magistratura si appresta ad analizzare con la massima accuratezza.
Il diritto al silenzio, pur tutelato, non annulla l’obbligo di ricerca della verità.
La procura di Verona, guidata dal pubblico ministero, dovrà ora concentrare gli sforzi nella raccolta di elementi probatori alternativi, interrogando testimoni, analizzando perizie tecniche e vagliando documenti, al fine di ricostruire la sequenza degli eventi e attribuire le responsabilità con certezza giuridica.
La vicenda Ramponi, ben oltre la tragedia umana che ha generato, si configura come un banco di prova per il sistema giudiziario italiano, chiamato a garantire la tutela dei diritti fondamentali, pur perseguendo la ricerca della giustizia e la protezione della collettività.








