Nella quieta cornice di San Polo di Piave, nel trevigiano, un atto di profanazione ha scosso la comunità, scalfendo la sacralità di una delle sue più significative testimonianze storiche e religiose: la chiesa di San Giorgio.
Un incendio, di natura dolosa, si è manifestato ieri sera, svelato da una densa colonna di fumo che ha attirato l’attenzione dei residenti.
L’intervento tempestivo e coraggioso di alcuni cittadini, che senza esitazione hanno reagito all’emergenza utilizzando secchi d’acqua e un estintore, ha evitato che le fiamme si propagassero, contenendo i danni a una porzione limitata della struttura.
Le conseguenze dirette si sono concentrate su alcune pubblicazioni religiose e su una serie di suppellettili disposte su un banchetto all’ingresso, elementi di facile accessibilità e, purtroppo, vulnerabili.
La preoccupazione, tuttavia, non si limita alla perdita materiale.
La presenza di fumo, inevitabile conseguenza dell’incendio, solleva interrogativi urgenti riguardo alla potenziale compromissione degli affreschi quattrocenteschi che ornano le pareti interne.
Queste opere, veri e propri tesori artistici e culturali, rappresentano un patrimonio inestimabile per la comunità e per la storia dell’arte regionale.
La loro vulnerabilità ai danni causati dal fumo, con il rischio di alterazione dei pigmenti e del supporto pittorico, richiede un’immediata e accurata valutazione da parte di esperti restauratori.
L’accensione volontaria del rogo, con innegabile connotato di atto vandalico e profanatorio, ha generato sgomento e indignazione nella popolazione.
Le autorità competenti hanno avviato le indagini necessarie per accertare le responsabilità e identificare i presunti autori, procedendo alla denuncia contro ignoti.
L’episodio riemerge come un monito sulla crescente fragilità del patrimonio culturale, spesso bersaglio di gesti irrazionali e distruttivi, e sottolinea l’importanza cruciale di un impegno costante nella prevenzione, nella tutela e nella valorizzazione di questi luoghi simbolo dell’identità e della memoria collettiva.
L’evento, oltre al danno materiale, lascia una profonda ferita nel tessuto sociale, riaprendo un dibattito sulla sicurezza e sulla necessità di rafforzare la vigilanza nei confronti dei luoghi di culto e di altre istituzioni culturali.