lunedì 22 Settembre 2025
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Venezia

Marghera: Blocco del Porto, Grido di Pace per Gaza

Dalle banchine industriali di piazzale Giovannacci, a Marghera, si è levata una colonna di voci e di simboli, un corteo che ha tessuto una rete di solidarietà transregionale, coinvolgendo attivisti e cittadini provenienti da ogni angolo del Veneto.
La mobilitazione, unitaria nello spirito, si è incrociata con lo sciopero indetto dalle sigle sindacali Usb e Cobas, amplificandone l’eco in un grido condiviso di indignazione e di impegno.

Un fiume di persone, studenti in prima linea, ha riempito le vie, portando con sé striscioni laceranti e cartelli eloquenti.
“Gaza sta bruciando: blocchiamo tutto” – l’affermazione a fuoco, emblema di una volontà di azione diretta, di interruzione delle dinamiche che alimentano il conflitto.
L’obiettivo dichiarato era ambizioso: il blocco del porto, un nodo cruciale per il traffico merci e, secondo i promotori della mobilitazione, un punto strategico per ostacolare il flusso di armi e materiali che contribuiscono alla sofferenza della popolazione palestinese.
“Le catene del genocidio devono essere spezzate, le catene belliche interrotte, le armi che partono dai nostri territori neutralizzate,” tuonava al microfono, denunciando l’implicazione, spesso silenziosa e indiretta, delle realtà locali nelle strategie di conflitto globale.

L’azione non si configurava come un mero atto di protesta, ma come una rivendicazione di responsabilità collettiva, un tentativo di interrompere filiere di esportazione bellica che affondano le radici in economie e infrastrutture locali.

Tra gli striscioni e i cartelli, si levavano messaggi di profonda empatia e di riflessione sul peso emotivo del conflitto.
“Immagina di non riuscire a sopportare nemmeno di guardare la loro vita sul tuo telefono,” recitava uno di essi, un invito a superare l’indifferenza, a sentirsi parte di una comunità umana condivisa, a riconoscere la dignità di chi soffre a migliaia di chilometri di distanza.

L’iniziativa, oltre a rappresentare una manifestazione di sostegno al popolo palestinese, si configurava come una denuncia delle dinamiche geopolitiche che alimentano il conflitto e una chiamata a un impegno civile più profondo, un appello a interrogare il ruolo delle economie locali nelle strategie di potenza globale e a lavorare per un futuro di pace e di giustizia.

Era un grido che si levava dalle banchine industriali, un’eco di speranza in un mondo in conflitto.

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