Il caso della scuola primaria Cesare Battisti di Mestre ha aperto una ferita profonda nel tessuto della comunità scolastica, sollevando interrogativi complessi sull’integrazione, la composizione delle classi e il diritto allo studio in un contesto di crescente multiculturalismo.
L’episodio, che ha visto il ritiro di un numero limitato di studenti da parte di alcuni genitori preoccupati dalla presenza di bambini di origine straniera (una decina, se si considerano anche le seconde generazioni su un totale di 61 iscritti), evidenzia una frattura latente tra l’ideale di una scuola inclusiva e la percezione di alcune famiglie che vedono compromessa la qualità dell’istruzione.
La scuola Cesare Battisti, storicamente riconosciuta per il suo approccio all’integrazione sin dagli anni Novanta, si trova ora ad affrontare una situazione delicata.
Le preoccupazioni dei genitori non si limitano alla mera presenza di bambini stranieri, ma si concentrano sulla difficoltà di garantire un ambiente di apprendimento ottimale quando la barriera linguistica rappresenta un ostacolo significativo.
L’impegno profuso dal personale scolastico, che ha cercato con dedizione a mitigare le difficoltà derivanti dall’inserimento di studenti non italofoni, non sembra essere stato sufficiente a placare le ansie di alcuni genitori.
La denuncia di una “scuola-ghetto”, avanzata da alcune famiglie, è un’accusa grave che riflette una profonda insoddisfazione.
Il concetto di integrazione, in questo scenario, si rivela problematico: come può verificarsi una vera integrazione quando la comunicazione, elemento fondamentale per la condivisione di conoscenze e valori, è compromessa dalla mancanza della lingua comune? Il Consiglio di Istituto, nel tentativo di trovare una soluzione, ha sollecitato l’intervento del Comune di Venezia, coinvolgendo l’assessore di riferimento e il sindaco Luigi Brugnaro.
La questione della composizione delle classi è stata ulteriormente amplificata dall’assessore alla Coesione sociale, Simone Venturini, che ha sottolineato la necessità di un intervento a livello ministeriale e degli Uffici scolastici.
L’assessore ha evidenziato come, nonostante l’eroismo degli insegnanti, la gestione di classi con un numero elevato di studenti non italofoni renda difficile, se non impossibile, perseguire un’integrazione efficace.
L’episodio solleva interrogativi cruciali sulla necessità diversità culturale nelle scuole, sulla distribuzione degli studenti stranieri nelle classi e sulle risorse necessarie per supportare adeguatamente gli insegnanti e gli studenti coinvolti.
La sfida non è solo quella di garantire un diritto allo studio equo per tutti, ma anche di promuovere una vera e propria integrazione che valorizzi le differenze culturali e favorisca la convivenza pacifica e costruttiva all’interno della comunità scolastica.
La ricerca di soluzioni sostenibili, che tengano conto delle esigenze di tutte le parti coinvolte e che promuovano una scuola veramente inclusiva, rimane una priorità imprescindibile.






