Mocavero-Baggio: Prescrizione del Reato, un Capitolo Chiuse?

La vicenda che vede coinvolto Paolo Mocavero, figura nota nel panorama associativo animalista come fondatore di Centopercentoanimalisti, e l’iconico campione del calcio italiano Roberto Baggio, si è conclusa con una decisione significativa da parte della Corte d’Appello di Venezia: la prescrizione del reato di diffamazione, seppur in un capitolo specifico della complessa disputa tra i due.
La sentenza ha ridimensionato la precedente condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Padova, alleggerendo il peso sulla figura dell’attivista e riducendo il risarcimento dovuto a Baggio a 2.500 euro.
L’episodio che ha dato origine alla querela risale al 2020 e ruota attorno a una critica veemente rivolta a Baggio a seguito della sua partecipazione a una fiera dedicata alla caccia, un’attività passatempo per la quale l’ex calciatore è noto e spesso oggetto di polemiche.

Le parole di Mocavero, pubblicate sul blog dell’associazione Centopercentoanimalisti e successivamente reiterate durante una trasmissione radiofonica (“La Zanzara”), avevano delineato un giudizio severo nei confronti del campione, scatenando la reazione legale di Baggio, assistito dagli avvocati Pasquale Pantano e Paola Cortazzo.
La vicenda, più ampia di quanto suggerisca questo singolo episodio giudiziario, è il sintomo di una divergenza profonda e pluriennale tra due figure pubbliche, con valori e sensibilità diametralmente opposti.
Mentre Mocavero incarna un attivismo radicale in difesa dei diritti animali, fortemente critico nei confronti di pratiche come la caccia, Baggio rappresenta un’icona sportiva le cui scelte personali, inclusa la passione per la caccia, continuano a suscitare dibattito e a generare contrasti.

La prescrizione del reato, sebbene rappresenti una vittoria formale per Mocavero, solleva interrogativi più ampi sulla libertà di espressione e sui limiti del diritto alla critica in un contesto pubblico dove figure di spicco come Baggio si trovano costantemente sotto i riflettori.
La vicenda, inoltre, riapre il dibattito sulla necessità di un dialogo costruttivo tra sostenitori dei diritti animali e coloro che praticano attività venatorie, al fine di trovare un equilibrio tra la tutela della fauna selvatica e il rispetto delle tradizioni e delle passioni individuali.
La sentenza, quindi, non conclude la storia, ma ne segna una fase, lasciando aperta la questione di come la società italiana gestirà le divergenze di valori e le passioni contrastanti che animano il dibattito pubblico.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap