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Morte di Alex Marangon: Indagini su rituali, ayahuasca e responsabilità.

L’inchiesta sulla tragica scomparsa di Alex Marangon, ventenne originario di Marcon (Venezia), avvenuta nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2023 a Vidor (Treviso), ha portato alla formalizzazione dell’indagine nei confronti di quattro persone, con l’ipotesi di omicidio preterintenzionale, ovvero morte derivante da azioni volte a realizzare un diverso reato.
Il caso solleva complesse questioni legali ed etiche, intrecciandosi con la pratica di rituali sciamanici e l’uso di sostanze psicotrope.

Al centro dell’indagine figurano Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, responsabili dell’organizzazione dell’evento che si è concluso con la morte di Marangon.

La loro posizione è quella di promotori e gestori di una serata che, apparentemente, mirava a offrire un’esperienza di connessione spirituale attraverso pratiche di ispirazione sciamanica.

Tuttavia, le dinamiche interne all’evento e il ruolo che hanno avuto nella gestione dei partecipanti e delle sostanze in uso sono oggetto di scrupolosa analisi da parte delle autorità.
Elementi chiave dell’indagine riguardano Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, due *curanderos* colombiani, figure centrali nella conduzione della cerimonia rituale.
Questi individui, che si presentavano come esperti in tecniche di guarigione tradizionali e pratiche sciamaniche, avrebbero somministrato all’interno del rito l’ayahuasca, una bevanda ottenuta da piante originarie delle regioni amazzoniche, contenente sostanze allucinogene proibite dal legislatore italiano.
L’ayahuasca, pur avendo una lunga storia di utilizzo in contesti rituali e spirituali in alcune culture indigene, presenta effetti psicoattivi potenti e potenzialmente pericolosi, soprattutto in individui non preparati o con preesistenti vulnerabilità fisiche o psichiatriche.

L’inchiesta non si limita ad accertare le responsabilità dirette nella somministrazione dell’ayahuasca, ma si propone di ricostruire l’intero quadro dell’evento: la preparazione, la scelta dei partecipanti, le informazioni fornite in merito agli effetti della sostanza, la supervisione durante il rituale e le misure di sicurezza adottate.
Si stanno valutando aspetti cruciali come la consapevolezza dei partecipanti sui rischi connessi all’assunzione di una sostanza illegale, la presenza di personale medico o di supporto qualificato e l’adeguatezza delle condizioni ambientali in cui si è svolto il rito.

Il caso solleva inoltre interrogativi sulla legittimità e la regolamentazione di pratiche sciamaniche e rituali che prevedono l’uso di sostanze psicotrope, anche in contesti considerati “spirituali” o “di guarigione”.
La libertà di culto e di espressione religiosa si scontra con la necessità di tutelare la salute pubblica e prevenire danni derivanti dall’uso di sostanze illegali.

La vicenda potrebbe portare a una revisione delle normative esistenti e a una maggiore attenzione nei confronti di attività che, pur presentandosi come alternative o complementi alla medicina tradizionale, possono comportare rischi significativi per la sicurezza dei partecipanti.
La ricerca della verità e l’accertamento delle responsabilità sono fondamentali per fare luce sulla tragedia e garantire giustizia per Alex Marangon e la sua famiglia.

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