Nel tessuto urbano di Padova, un’operazione della squadra Mobile ha portato all’arresto di un cittadino marocchino di sessant’anni, in una vicenda che solleva interrogativi complessi sulla gestione dei flussi migratori, la criminalità minoritaria e le recidive nel contesto della tossicodipendenza.
L’uomo, privo di permesso di soggiorno e con un pregresso giudiziario significativo, è stato sorpreso a compiere cessioni di cocaina a un giovane cliente.
L’individuazione dell’indagato, già noto alle autorità e con una storia di coinvolgimento in attività illecite legate allo stupefacente – in particolare un arresto nel 2016 per possesso di circa mezzo chilo di stupefacente – è avvenuta grazie a un’attività di osservazione mirata.
L’uomo, a bordo di una bicicletta, è stato notato mentre effettuava un breve incontro con un giovane, culminato nella consegna di una sostanza illecita.
La conseguente perquisizione del cliente ha portato alla sua identificazione e alla sua confessione di essere un acquirente abituale del 60enne.
Il controllo successivo sull’arrestato ha rivelato il possesso di una decina di dosi di cocaina, per un peso complessivo di circa otto grammi, unitamente a una somma di 400 euro in contanti, presumibilmente proventi dell’attività illecita.
La perquisizione domiciliare ha fatto emergere un quadro ancora più allarmante: venti confezioni contenenti circa ottanta grammi di cocaina, due bilancini di precisione, strumenti e materiali utilizzati per il confezionamento e la distribuzione della droga, delineando un’organizzazione volta alla vendita su piccola scala.
La carriera criminale dell’uomo è costellata di condanne pregresse, con una pena a tre anni di reclusione e una multa di quindicimila euro risalente al 2011, e una condanna più recente del 2018, che ha comportato quattro anni di reclusione e una multa di dodicimila euro per reati simili.
Queste recidive sollevano interrogativi sull’efficacia delle misure alternative alla detenzione e sulla necessità di rafforzare i controlli e la sorveglianza degli individui con precedenti penali specifici.
Il Tribunale, dopo aver convalidato l’arresto, ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, integrata dall’utilizzo del braccialetto elettronico, un sistema di monitoraggio volto a garantire la sicurezza della comunità e a prevenire ulteriori attività criminali.
L’episodio, più che una semplice vicenda di spaccio, sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare che coinvolga forze dell’ordine, servizi sociali e istituzioni, per affrontare le problematiche legate alla criminalità minoritaria, alla tossicodipendenza e alla gestione dei flussi migratori in modo efficace e sostenibile.