Nella notte del 7 novembre, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Venezia hanno eseguito un arresto a Spinea, ponendo fine a un’indagine complessa che ha fatto luce su un episodio di violenza premeditata e caratterizzata da dinamiche di gelosia e vendetta.
Gli arrestati, due uomini di nazionalità albanese e kosovara rispettivamente di 37 e 33 anni, sono accusati di tentato omicidio in concorso, reato che affonda le sue radici in un contesto di insofferenza e escalation aggressiva.
L’inchiesta, condotta sotto la direzione della Procura della Repubblica di Venezia, ha ricostruito un quadro inquietante che si è sviluppato tra aprile e novembre.
La vicenda ha origine da una situazione di conflitto personale, in cui il 33enne kosovaro, mosso da un sentimento di gelosia, riteneva che la sua compagna fosse stata vittima di molestie da parte della vittima, un altro straniero.
Questa percezione ha innescato una spirale di ossessione e comportamenti persecutori.
I due indagati, in un’azione pianificata e meticolosa, hanno trasformato la ricerca del presunto molestatore in una vera e propria caccia all’uomo, setacciando le vie di Spinea.
Il loro intento non era solo quello di affrontare la vittima, ma di infliggerle una punizione esemplare.
La violenza è culminata in un’aggressione fisica brutale.
Dopo aver rintracciato l’uomo, i due lo hanno colpito ripetutamente con pugni al volto.
In un tentativo di mascherare le loro azioni e proseguire con la loro attività quotidiana, si sono recati in un supermercato locale per fare la spesa.
La vicenda non si è conclusa con l’aggressione iniziale.
La vittima, reagendo alla violenza subita, si è armata di una spranga di ferro e ha cercato di difendersi.
In questo frangente, l’albanese ha fatto uso di un’arma da fuoco, sparando due colpi.
Mentre uno dei proiettili ha colpito la vittima al polpaccio, l’altro, mirato presumibilmente a colpire l’uomo, ha impattato contro il muro del supermercato, fortunatamente in un momento di afflusso di persone, evitando conseguenze ben più gravi.
L’episodio sottolinea la pericolosità delle azioni compiute e il rischio concreto che una situazione di conflitto personale possa sfociare in tragiche conseguenze per soggetti innocenti.
Durante le operazioni di controllo, i militari hanno rinvenuto in possesso dell’albanese un coltello a serramanico, motivo per il quale è stato denunciato anche per porto di armi od oggetti atti ad offendere.
Le accuse formulate, il tentato omicidio in concorso e il possesso illegale di arma, sono di natura grave e prevedono pene severe.
Gli arrestati sono stati trasferiti presso la Casa Circondariale di Treviso, in attesa del processo, dove dovranno rispondere delle accuse contestate.
L’evento solleva interrogativi sulla gestione delle tensioni personali e sull’importanza di canali di comunicazione alternativi alla violenza.







