venerdì 3 Ottobre 2025
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Stanze dell’amore al Due Palazzi: un’innovazione nel carcere padovano

A partire dal 6 ottobre, il carcere Due Palazzi di Padova introdurrà un servizio innovativo, le “stanze dell’amore”, destinate a rivoluzionare la gestione dei rapporti affettivi all’interno del contesto detentivo.

Queste aree, posizionate in prossimità dei locali destinati ai colloqui, sono concepite per garantire la riservatezza dei detenuti e dei loro visitatori, rispondendo a un crescente bisogno di umanizzazione della pena.

L’iniziativa, frutto di un percorso pluriennale e di un profondo dibattito giuridico ed etico, affonda le sue radici in una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima una restrizione contenuta nella legge 26 del 27 luglio 1975.
Questa norma, che imponeva la sorveglianza del personale di custodia durante i colloqui tra detenuti e i loro coniugi, è stata ritenuta in contrasto con i principi costituzionali relativi al diritto alla vita privata e alla dignità umana.

Il progetto è stato portato avanti da diverse associazioni di volontariato padovane, attive nel supporto ai detenuti e sensibili alla necessità di creare spazi dedicati alla relazione affettiva.
L’associazione Ristretti Orizzonti, guidata da Ornella Favero, si è particolarmente impegnata nella promozione di questa sperimentazione, incontrando inizialmente l’opposizione del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, esponente della Lega.
La resistenza, tuttavia, è stata superata con l’emanazione da parte del Ministero della Giustizia di linee guida destinate ai direttori delle strutture penitenziarie, che hanno aperto la strada all’implementazione del servizio.
La decisione definitiva è stata assunta dalla nuova direttrice del carcere, Maria Gabriella Lusi, in seguito a una formale richiesta presentata da tre detenuti al magistrato di sorveglianza, evidenziando un’esigenza concreta e condivisa all’interno della popolazione carceraria.
L’apertura di queste stanze non rappresenta un semplice atto amministrativo, ma un segnale di cambiamento verso un modello più inclusivo e attento alle esigenze umane dei detenuti.

L’iniziativa pone interrogativi complessi sulla natura della pena, sul ruolo della detenzione come strumento di riabilitazione e sulla necessità di preservare, anche all’interno delle strutture carcerarie, i diritti fondamentali della persona, compreso il diritto di coltivare relazioni affettive significative, elementi cruciali per il reinserimento sociale.

La sperimentazione a Padova sarà attentamente monitorata, e i suoi risultati potranno influenzare la politica penitenziaria a livello nazionale.

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