Stromatoliti al buio: scoperta svelta i segreti di un ecosistema estremo.

Nell’ambito dell’astrobiologia e della geomicrobiologia, una recente spedizione scientifica ha aperto nuove e promettenti strade per l’indagine di ambienti estremi, sia terrestri che potenzialmente extraterrestri.
Un team internazionale, guidato dai ricercatori Martina Cappelletti (Università di Bologna) e Francesco Sauro (Università di Padova), ha condotto il primo studio in situ completo sulle stromatoliti di silice all’interno della grotta Imawarì Yeutà, situata nel cuore dell’imponente Auyán-tepui, in Venezuela.
Questa impresa rappresenta un punto di svolta nella comprensione di strutture geologiche complesse e del ruolo cruciale dei microrganismi in ecosistemi isolati e privi di luce.

Le stromatoliti di silice, formazioni rocciose costituite principalmente da opale (silice amorfa), sono generalmente associate alla bioattività fotosintetica.
La loro presenza in un ambiente completamente buio, come la grotta venezuelana, rappresenta un paradosso affascinante che sfida le nostre attuali conoscenze e solleva interrogativi fondamentali sull’adattamento microbico e sulla geochimica in condizioni estreme.
La scoperta di queste strutture in un ambiente così isolato e privo di luce solare mette in discussione le attuali teorie sulla formazione di stromatoliti e suggerisce l’esistenza di processi metabolici alternativi, forse basati sull’utilizzo di fonti energetiche geochimiche.

La spedizione, condotta nel 2023, ha fatto ricorso a tecnologie all’avanguardia, mai impiegate in precedenza in contesti speleologici così remoti.
L’approccio “senza prelievo di campioni” si è rivelato cruciale per preservare l’integrità dell’ecosistema e per ottenere dati più accurati e contestualizzati.
La camera iperspettrale ha permesso di analizzare la composizione chimica delle rocce con un dettaglio senza precedenti, mentre il laser scanner 3D ha creato una mappa tridimensionale della grotta, fornendo un quadro completo dell’ambiente e delle interazioni tra le stromatoliti e la geologia circostante.

Gli strumenti impiegati dall’Università di Bologna, tra cui dispositivi per il rilevamento dell’attività metabolica microbica “in vivo”, hanno permesso di identificare i batteri responsabili della formazione delle stromatoliti e di analizzare il loro genoma direttamente all’interno della grotta, utilizzando il sequenziatore MinION. Questo ha permesso di svelare nuove informazioni sul loro metabolismo e sulla loro capacità di adattarsi a un ambiente così inospitale.
L’analisi genetica ha rivelato la presenza di specie batteriche uniche, probabilmente evolutesi in isolamento per millenni, e ha fornito indizi sulla loro origine e sulla loro relazione con altre specie batteriche presenti in ambienti simili.

La scoperta di strutture simili sulle superfici marziane, osservate dal rover Spirit, alimenta la speranza che processi analoghi possano aver lasciato tracce di vita sul pianeta rosso.
L’esperienza acquisita con questa spedizione in Venezuela offre un modello prezioso per future missioni di esplorazione planetaria, fornendo strumenti e tecniche per la ricerca di biomarcatori in ambienti extraterrestri.

La capacità di effettuare analisi biochimiche e genetiche “in situ” riduce la dipendenza dal ritorno di campioni sulla Terra, accelerando il processo di scoperta e diminuendo i costi delle missioni spaziali.
Questo studio innovativo è stato reso possibile grazie al finanziamento del Corso di Laurea triennale in Genomics dell’Università di Bologna e del progetto ‘The Geosciences for Sustainable Development’, sostenuto dal MUR – Dipartimenti di Eccellenza 2023-2027.

I risultati ottenuti contribuiscono in modo significativo alla nostra comprensione dei limiti della vita e delle potenzialità per la sua esistenza in ambienti estremi, aprendo nuove frontiere nella ricerca di vita al di là della Terra.

L’integrazione di competenze multidisciplinari, che spaziano dalla speleologia alla geomicrobiologia e alla genomica, si è rivelata fondamentale per il successo di questa impresa scientifica, dimostrando l’importanza della collaborazione internazionale nella ricerca di risposte alle grandi domande che riguardano il nostro universo.

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