sabato 20 Settembre 2025
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Tragedia in montagna: alpinista di 36 anni perde la vita

La montagna, custode silenziosa di segreti e di sfide, ha reclamato un figlio.
Un alpinista trentaseienne, originario di Montebelluna (Treviso), ha perso la vita in un tragico incidente sulla Torre meridionale delle Torri di Neva, in un territorio di confine tra le province di Belluno e Trento.

La drammatica sequenza di eventi si è consumata nel primo pomeriggio, interrompendo bruscamente la sua ascesa lungo la Via dei Pacifici, un percorso noto per la sua complessità tecnica e l’esposizione verticale.

L’allarme è stato lanciato poco dopo le 13:15, un grido di disperazione giunto alla Centrale del Suem di Pieve di Cadore.

Il compagno di cordata, legato a lui in un rapporto di fiducia e dipendenza fisica, era rimasto testimone impotente della caduta, incapace di contrastare la forza di gravità che aveva strappato via il suo amico dalla parete rocciosa.

La comunicazione con la Centrale di Trento ha immediatamente attivato un complesso coordinamento di soccorsi, coinvolgendo l’elisoccorso e il Soccorso Alpino di Feltre, in una corsa contro il tempo per fronteggiare una situazione di estrema pericolosità.
L’equipaggio dell’elicottero, addentrandosi nell’ambiente alpino impervio, ha percepito fin da subito la gravità dell’accaduto.
La parete, verticale e imponente, raccontava una storia di roccia, vento e tragedia.

Con un’operazione delicata e meticolosa, resa possibile dall’uso di un verricello di 40 metri, il compagno rimasto in sosta è stato portato in salvo, conservando con sé il peso indelebile del ricordo e il racconto amaro dell’ultimo istante.
Le sue parole, cariche di emozione, hanno ricostruito l’evolversi degli eventi: un movimento improvviso in alto, in una sezione di roccia presumibilmente più impegnativa, e poi la scomparsa, il precipitare verso il vuoto.

Dopo aver lasciato l’alpinista scosso in cura al Rifugio Boz, con l’assistenza di un’infermiera, l’elicottero è tornato a survolare la parete.

La ricerca, ostacolata dalla conformazione del terreno e dalle condizioni meteorologiche, si è conclusa con la scoperta del corpo, sospeso alla corda, a seguito di una caduta di circa ottanta metri.
Le operazioni di recupero, eseguite in ambiente estremo e con il supporto di tecniche specialistiche, hanno portato alla consegna della salma al campo base, per poi trasportarla alla caserma dei Vigili del Fuoco di Mezzano (Trento), affidandola alle cure dei Carabinieri, custodi della dignità e del rispetto per la vita spenta.

La tragedia solleva interrogativi profondi sulla natura dell’alpinismo, un’attività che intrinsecamente comporta rischi elevati e che richiede non solo una preparazione tecnica impeccabile, ma anche una profonda consapevolezza dei propri limiti e un rispetto assoluto per la montagna.

L’incidente rappresenta un monito a non sottovalutare mai la potenza della natura e a onorare la memoria di chi, come l’alpinista di Montebelluna, ha cercato di sfidarla, pagandone il prezzo più alto.

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