La comunità trevigiana è stata scossa da un tragico evento: un giovane uomo di origine pakistana, ventiduenne, ha perso la vita nelle acque del fiume Sile, in una circostanza che solleva interrogativi sulla sicurezza dei corsi d’acqua e sulle dinamiche di integrazione sociale.
La vicenda, avvenuta nel pomeriggio di oggi, ha coinvolto un’area fluviale particolarmente insidiosa, al confine tra il centro urbano e una zona caratterizzata da elementi naturali più selvaggi.
Secondo le prime ricostruzioni, il giovane, la cui identità non è stata ancora divulgata per tutelare la privacy della famiglia, si è tuffato nel fiume dal ponte di San Martino.
L’azione, apparentemente dettata da un gesto istintivo – il tentativo di recuperare un pallone – ha innescato una serie di eventi che hanno avuto un esito fatale.
Il tratto del Sile interessato, poco a valle del punto di immersione, presenta una conformazione idrografica complessa: la presenza di una centrale Enel crea una cascata, generando vortici e correnti improvvise, veri e propri “mulinelli” che rendono il fiume particolarmente pericoloso, soprattutto per chi non ne conosce a fondo le insidie.
La forza inattesa della corrente ha immediatamente trascinato il giovane verso il fondo, rendendo vano qualsiasi tentativo di auto-soccorso.
L’allarme è stato lanciato immediatamente, innescando una risposta rapida ed efficiente da parte delle autorità.
I vigili del fuoco, con una squadra di dieci unità a terra e un gommone, sono intervenuti con tempestività, supportati in seguito da un team di sommozzatori provenienti da Venezia, specialisti nel recupero di persone in ambienti acquatici difficili.
Oltre ai vigili del fuoco, sul posto sono intervenute la polizia, la polizia locale e un’unità del Suem (Servizio di Emergenza Medico), testimoni silenziosi di una tragedia che ha colpito una comunità intera.
L’episodio riapre, con amarezza, il dibattito sulla sicurezza dei corsi d’acqua, in particolare quelli attraversati da aree densamente popolate e frequentate.
La necessità di una maggiore sensibilizzazione sui pericoli legati all’acqua, unita a un’attenta valutazione delle misure di prevenzione e di controllo, si rende urgente.
Parallelamente, la vicenda pone interrogativi più ampi, legati all’integrazione e alla conoscenza del territorio da parte dei giovani immigrati, spesso privi di informazioni adeguate sui rischi ambientali e sulle norme di comportamento da adottare in contesti sconosciuti.
L’indagine è in corso per chiarire ogni dettaglio e accertare eventuali responsabilità, ma al di là delle dinamiche investigative, la comunità trevigana si stringe attorno alla famiglia del giovane, profondamente addolorata per questa perdita improvvisa e irreparabile.






