Fabrizio Gifuni, l’attore che incarna l’inquietudine artistica e la profonda riflessione sull’essere, rivela il suo motto esistenziale: “Fallire sempre, fallire ancora, fallire meglio”.
Un principio becketiano che permea il suo lavoro e la sua vita, un costante stimolo a superare i propri limiti, un’ambizione mai appagata.
E ora, questo spirito di ricerca lo porta ad affrontare una delle sfide più significative della sua carriera: interpretare Enzo Tortora nella serie “Portobello”, la prima produzione originale italiana per la piattaforma HBO Max, in arrivo nel 2026.
“Portobello” riemerge come una ferita aperta nella storia giudiziaria italiana, un monito contro l’ingiustizia e la fragilità della verità.
La serie, scritta da un team di autori di talento e prodotta da realtà editoriali di prestigio, si propone di ricostruire la vicenda del celebre conduttore televisivo, vittima di un errore processuale che ne ha distrutto la reputazione e la vita.
Gifuni, che nei panni di Tortora incarna la sofferenza e la dignità di un uomo innocente, descrive il ruolo come “una nuova avventura umana”, un’opportunità di esplorare le profondità dell’animo umano di fronte all’abuso di potere e alla manipolazione mediatica.
L’attore, noto per la sua capacità di incarnare figure storiche complesse, da Aldo Moro a Franco Basaglia, riflette sulla peculiarità di questi ruoli.
Pur apprezzando la creazione di personaggi di pura invenzione, Gifuni sottolinea come le figure reali, quelle che hanno lasciato tracce indelebili nella memoria collettiva, offrano una profondità e una risonanza emotiva uniche.
Ogni personaggio diventa un tassello di un mosaico più ampio, un affresco della storia contemporanea che non può essere dimenticato.
L’interpretazione non è mera imitazione, ma un incontro tra l’attore e la figura storica, una fusione di anime e corpi che permette di restituire al pubblico una verità più autentica e commovente.
La carriera di Gifuni è costellata di successi e riconoscimenti, ma è animata da una costante ricerca di crescita e miglioramento.
La “lentezza” e la “fragilità”, qualità spesso considerate debolezze, si rivelano invece fonti di ispirazione e di forza.
La moglie, Sonia Bergamasco, ha abbracciato la regia cinematografica, un percorso che molti attori stanno seguendo.
Gifuni, per ora, preferisce rimanere fedele al ruolo di interprete, apprezzando la leggerezza e la gratificazione di mettersi al servizio di una visione registica.
Riflettendo sul suo percorso artistico, Gifuni rivela un legame profondo con i suoi colleghi, un’ammirazione per i nuovi talenti che emergono, come Romana Maggiora Vergano.
Un film che lo ha particolarmente emozionato è “La meglio gioventù”, un’opera che racchiude un’esperienza condivisa con un gruppo di attori legati da un’amicizia duratura.
Il futuro lo vede ancora impegnato a portare in scena opere di Pasolini e a esplorare i fantasmi della nostra storia.
“Fallire sempre, fallire ancora, fallire meglio”: un motto che continua a guidare il suo cammino, un invito a non smettere mai di cercare, di sperimentare, di emozionare.