A distanza di un anno dal debutto di *Desert Suite*, accolto con risonanza alle Notti Veneziane, Fabrizio Ferraro riprende il suo cammino cinematografico con *Morte a Venezia*.
Le riprese, avviate a Venezia, segnano una nuova tappa in un percorso artistico che sembra interrogare profondamente il nostro tempo.
Il progetto, una produzione Boudu in co-produzione con Eddie Saeta (Spagna) e Rai Cinema, si colloca in un anno significativo: il centocinquantesimo anniversario della nascita e il settantesimo della scomparsa di Thomas Mann, autore del racconto che ne costituisce l’ispirazione primaria.
Pablo Sigg, regista svizzero-messicano, assume il ruolo di protagonista in questa rivisitazione che promette di essere molto più di una semplice trasposizione.
Le riprese, inizialmente concentrate sulla città lagunare grazie al patrocinio del Comune e della Città Metropolitana, proseguiranno per un periodo esteso, intersecando il 2025 e il 2026 tra Venezia e Napoli.
Questa scelta delle location non è casuale: entrambe le città, con la loro complessa storia e la loro anima vibrante, offrono uno sfondo suggestivo per esplorare le tematiche centrali del film.
*Morte a Venezia*, come il racconto originale, si prefigge di sondare le profondità dell’animo umano, ma lo fa con uno sguardo aggiornato, in grado di cogliere le inquietudini e le contraddizioni del nostro presente.
Ferraro non intende replicare l’opera di Mann, bensì utilizzarla come lente attraverso cui riflettere sulla condizione esistenziale contemporanea.
L’eco del racconto di Mann risuona con particolare intensità nell’epoca attuale, un’epoca segnata da una percezione diffusa di precarietà e decadenza, ma anche da una tenace volontà di riscatto e rinnovamento.
Il film intende essere una riflessione sulla crisi profonda che attraversa la nostra società, una crisi che si manifesta a livello individuale e collettivo.
La bellezza, in questo contesto, non è più un valore assoluto, ma un miraggio che può illudere e ingannare.
Il desiderio, invece, diventa una forza distruttiva, capace di condurre alla perdita e alla morte.
Ferraro, attraverso il linguaggio cinematografico, intende restituire allo spettatore un’opera che sia allo stesso tempo provocatoria e commovente, capace di suscitare interrogativi e riflessioni profonde.
L’uscita del film, prevista per l’autunno del 2026, si prospetta come un evento culturale di rilevanza nazionale e internazionale.