Lucio Fontana: L’Argilla come Genesi – Un Viaggio Inatteso nel Nucleo CreativoLa Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita un’esposizione straordinaria, “Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana”, curata da Sharon Hecker, che offre una prospettiva inedita sull’opera di uno degli artisti più rivoluzionari del Novecento.
Lungi dall’immagine iconica dell’artista che squarcia la tela, questa mostra, dal 11 ottobre al 2 marzo, svela un lato profondamente intimo e primordiale: il suo rapporto viscerale con la creta, un materiale che ha permeato la sua ricerca artistica per decenni, spesso relegato in una penombra dovuta alla sua successiva fama legata ai Concetti Spaziali.
L’esposizione, arricchita da un catalogo Marsilio Arte e da un cortometraggio inedito del regista Felipe Sanguinetti, “Le ceramiche di Lucio Fontana a Milano”, ricostruisce un percorso creativo spesso trascurato, che si dipana attraverso settanta opere disposte in undici sale tematiche.
Inizia con una “ballerina di Charleston” in gesso del 1926, che Fontana stesso definì la sua prima ceramica, segnando un punto di partenza inaspettato.
La mostra non si limita a una cronologia lineare; esplora le molteplici sfaccettature del suo approccio alla creta.
Fontana, emerge da questa esplorazione, è un artista poliedrico, capace di spaziare tra soggetti diversi – dalla natura, con raffigurazioni di coccodrilli, granchi, cavalli marini e farfalle dai colori vibranti, all’anatomia umana, con torsi e figure evocative – anticipando temi che troveranno poi eco nelle sue opere più tarde.
La scelta di Albisola come luogo privilegiato per la produzione ceramica, a partire dagli anni ’20, fu cruciale.
Tuttavia, la produzione subì una pausa durante la Seconda Guerra Mondiale, e i lavori successivi, databili alla fine degli anni ’30, manifestano un’inquietudine palpabile, riflesso forse di un’analisi critica nei confronti delle retoriche fasciste, esemplificata dal “Torso Italico” del 1938.
Questo periodo preannuncia il trasferimento in Argentina, terra natale del padre, un ritorno alle radici dopo un’infanzia trascorsa in Italia, un allontanamento dai presagi di un nuovo conflitto mondiale, tormentato dal ricordo traumatico della Prima Guerra Mondiale vissuta da adolescente.
Il ritorno in Italia, al termine del conflitto, segna un periodo di rinnovamento, con la ripresa della produzione ceramica e l’emergere di nuove sperimentazioni.
Le figure familiari si affiancano a opere di grande intensità spirituale, come i crocifissi, in cui la figura di Cristo sembra integralmente fusa con la croce, testimonianza di una profonda riflessione religiosa.
Le commissioni per il design e per privati, nell’epoca del boom economico, ampliano ulteriormente il suo orizzonte creativo, culminando, inevitabilmente, con i Concetti Spaziali, l’apice della sua ricerca artistica.
Sharon Hecker, la curatrice, sottolinea con forza la centralità della forza materica della creta, che Fontana manipola con maestria, variando consistenza e finiture: liscia, ruvida, incisa, grezza, dipinta, smaltata, tagliata, bucata.
L’esposizione rivela la capacità unica di Fontana di trascendere i confini tra arte, artigianato e design, dimostrando come la manualità e la sperimentazione possano coesistere con la concettualizzazione radicale.
“Mani-Fattura” non è semplicemente una mostra di ceramiche; è un viaggio nel cuore della creazione, un’immersione nell’anima di un artista che, attraverso l’argilla, ha cercato di definire l’essenza dell’esistenza.