Il paesaggio italiano, spesso idealizzato come scrigno di bellezza e tradizione, cela in realtà una frattura profonda che ne condiziona il futuro.
Non si tratta di una divisione geografica netta, ma di un abisso culturale che separa territori ancorati a un passato idealizzato, avvolti dalla nostalgia, da realtà proiettate verso l’innovazione e la crescita, alimentate dalla fiducia collettiva.
Questo dualismo, esplorato nel libro “Le vette del domani: fiducia, memoria e resilienza nelle aree interne italiane” di Andrea Ferrazzi, offre una chiave di lettura inedita per comprendere le dinamiche che plasmano il destino del Paese.
Ferrazzi, con la sua esperienza diretta nello sviluppo industriale delle Dolomiti Bellunesi, sconvolge le narrazioni preconcette che relegano le aree montane e interne a zone di marginalità e declino.
Non si tratta di periferie da “salvare”, bensì di laboratori di resilienza, capaci di generare nuove forme di sviluppo e attrarre talenti.
La montagna non è un luogo da cui fuggire, ma un ecosistema potenziale per l’emergere di nuove opportunità.
L’analisi si fonda su una complessa intreccio di dati socio-economici, storie di successo e testimonianze dirette.
I numeri parlano di spopolamento, di invecchiamento della popolazione, di perdita di competenze.
Ma accanto a questi dati allarmanti, emergono esempi di comunità che, grazie a una rinnovata fiducia nelle proprie capacità e nella collaborazione, sono riuscite a invertire la rotta, creando nuovi posti di lavoro, attirando investimenti e promuovendo l’innovazione.
Il concetto di “territori della fiducia” si rivela particolarmente illuminante.
Non si tratta semplicemente di ottimismo o di un atteggiamento positivo, ma di una vera e propria infrastruttura culturale, un sistema di relazioni basato sulla reciprocità, sulla trasparenza e sulla condivisione degli obiettivi.
Questi territori si caratterizzano per la capacità di costruire ponti tra le generazioni, di valorizzare il patrimonio locale, di sperimentare nuove forme di governance e di accogliere il cambiamento con apertura e coraggio.
Al contrario, i “territori della nostalgia” sono intrappolati in una spirale di rimpianto e immobilismo.
Dietro una patina di conservatorismo e di difesa delle tradizioni, si cela spesso una profonda paura del futuro e una resistenza all’innovazione.
Questi territori tendono a chiudersi su se stessi, a diffidare degli esterni e a perpetuare un modello di sviluppo basato su attività economiche obsolete e su un’immagine stereotipata del luogo.
Ferrazzi, con lucidità e passione, invita amministratori pubblici, imprenditori e cittadini a superare i pregiudizi e a intraprendere un percorso di trasformazione culturale.
Non si tratta di negare il valore del passato, ma di utilizzarlo come fonte di ispirazione per costruire un futuro più prospero e inclusivo.
La montagna italiana, con la sua ricchezza di risorse naturali, culturali e umane, ha ancora la possibilità di reinventarsi, a patto di scegliere la fiducia come motore del cambiamento.
Si tratta di comprendere che la vera sfida non risiede nell’altitudine, ma nell’attitudine: nella capacità di abbracciare il nuovo, di collaborare e di costruire un futuro condiviso.






