Hydro, Feltre: chiusure e profitti, una scelta speculativa?

La recente comunicazione di Norsk Hydro riguardante la chiusura di cinque stabilimenti, tra cui quello cruciale di Feltre (Belluno), solleva interrogativi profondi e richiede un’analisi critica che vada oltre la narrazione di una semplice ristrutturazione industriale.

Mentre l’azienda giustifica la decisione con presunte difficoltà economiche, i dati finanziari degli ultimi nove mesi – ricavi per 13,7 miliardi di euro e un utile netto rettificato di 806 milioni, il risultato migliore in tre anni – dipingono un quadro diametralmente opposto: quello di una multinazionale in robusta salute.

Un esame più approfondito dei bilanci rivela un modello di gestione focalizzato sulla massimizzazione del rendimento per gli azionisti, a discapito degli investimenti a lungo termine e della coesione sociale dei territori in cui opera.
Negli ultimi quattro anni, Norsk Hydro ha distribuito dividendi per un totale di oltre 3,1 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 378 milioni deliberati solo sette mesi fa.

Gli utili netti rettificati cumulati tra il 2021 e il 2024 superano i 5,1 miliardi, indicando una profittabilità considerevole che contrasta nettamente con la giustificazione di tagli occupazionali.

È fondamentale sottolineare che i risultati dell’attività di estrusione, un settore chiave per Hydro, non confermano l’esistenza di una crisi strutturale.
Sebbene l’Ebitda rettificato nei primi nove mesi del corrente anno sia diminuito rispetto agli anni precedenti (301 milioni contro i 314 e i 472 milioni), il terzo trimestre ha mostrato un miglioramento rispetto all’anno precedente, e le proiezioni per l’intero settore estrusione a livello globale indicano una crescita.
L’andamento di Hydro Italy, sebbene abbia registrato una perdita di esercizio di 3,4 milioni di euro, appare meno allarmante considerando che, considerando i risultati degli anni precedenti, il quadriennio si conclude con un utile di 31,3 milioni, a cui si aggiungono dividendi distribuiti per 16,2 milioni.
Questa discrepanza evidenzia una potenziale gestione finanziaria che privilegia il breve termine e la redditività immediata, a discapito della sostenibilità e degli investimenti strategici.

La decisione di chiudere lo stabilimento di Feltre, pertanto, non può essere interpretata come una misura necessaria per affrontare difficoltà economiche reali, ma piuttosto come una scelta dettata da logiche puramente speculative che ignorano il valore del capitale umano e l’impatto sociale sulle comunità locali.

La decisione, come afferma il segretario della Fiom Belluno, Stefano Bona, penalizza il territorio feltrino e testimonia la priorità data agli interessi degli azionisti a scapito della dignità e del futuro dei lavoratori.

Si tratta, in definitiva, di un atto di scarico sociale che una multinazionale in salute può permettersi, ma che lascia strascichi profondi in termini di occupazione, sviluppo economico e coesione sociale.

È imperativo che le istituzioni e i sindacati si mobilitino per contrastare questa tendenza e promuovere un modello di sviluppo più equo e sostenibile, che metta al centro il benessere delle persone e la valorizzazione del territorio.

- pubblicità -
- Pubblicità -
- pubblicità -
Sitemap