La recente escalation di attacchi mediatici che coinvolge consiglieri dell’opposizione lucana, con specifico riferimento all’inchiesta “Affidopoli lucana”, solleva interrogativi profondi sulla trasparenza amministrativa e sulla libertà di controllo istituzionale nella regione.
Il vicepresidente del Consiglio regionale della Basilicata, Angelo Chiorazzo, ha espresso con fermezza la sua preoccupazione, denunciando un clima di intimidazione inaccettabile e auspicando un’indagine approfondita per accertare le responsabilità.
Al di là delle dinamiche politiche di facciata, la vicenda rivela un quadro potenzialmente allarmante: un sistema informativo apparentemente disposto a operare come strumento di delegittimazione, schermando questioni di rilevante interesse pubblico.
Questo atteggiamento, lungi dall’essere un mero scontro tra maggioranza e opposizione, pone una seria ferita alla tenuta democratica della regione.
L’obiettivo non è quello di screditare singoli individui, ma di proteggere la capacità di chi, con rigore e impegno, esercita il ruolo di controllo e propone alternative costruttive per il bene comune.
La richiesta di chiarimenti rivolta al Presidente Bardi non si configura come un atto di accusa superficiale, ma come un imperativo morale e istituzionale.
Si richiede non solo una verifica formale delle procedure amministrative, ma un’analisi approfondita e trasparente delle dinamiche che emergono dall’inchiesta “Affidopoli lucana”, coinvolgendo direttamente il Dipartimento Ambiente, l’ARPaB e Acquedotto Lucano – enti e società che operano sotto il diretto controllo della Regione.
È necessario accertare se la presunta ingenuità di alcuni funzionari, che avrebbero appaltato incarichi a società e associazioni oscure attraverso complessi intrecci finanziari, sia frutto di una reale mancanza di consapevolezza o se cela dinamiche più strutturate e potenzialmente illegali.
L’ipotesi di una catena di responsabilità che si estende ben oltre i singoli individui coinvolti deve essere vagliata con la massima attenzione.
La vicenda non si limita a una questione di responsabilità individuale; essa riflette un problema di cultura amministrativa che permea l’intera regione.
Il silenzio o l’acquiescenza di figure apicali, la tendenza a proteggere interessi particolari a discapito del bene pubblico, l’incapacità di promuovere una cultura della trasparenza e dell’accountability sono tutte patologie che minano la fiducia dei cittadini e compromettono lo sviluppo sostenibile della Basilicata.
L’appello rivolto al sindaco di Potenza, Vincenzo Telesca, e al presidente del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Antonio Tisci, è un invito a rompere questo muro di omertà e a testimoniare un impegno concreto per la verità.
Le misure di revoca in autotutela adottate da alcuni enti denotano una presa di coscienza dei problemi esistenti, ma non sono sufficienti.
È necessario un confronto aperto e onesto, un’assunzione di responsabilità collettiva.
La Basilicata non può continuare a vivere nell’ombra di sospetti e segreti.
È tempo di illuminare le zone d’ombra, di svelare i meccanismi opachi, di promuovere una cultura della legalità e della trasparenza.
Solo così si potrà costruire una regione più giusta, più equa e più prospera per tutti i suoi cittadini.
Il futuro della Basilicata dipende dalla capacità di affrontare con coraggio e determinazione le sfide che si presentano, rifiutando compromessi e privilegi a fronte della ricerca della verità e del bene comune.







