Il Ministero della Cultura, in un gesto di valorizzazione del patrimonio fotografico italiano e a testimonianza del suo impegno verso la contemporaneità, partecipa al Festival dell’Arte di Vicenza con una mostra eccezionale: “La Cura” di Mario Cresci.
L’iniziativa, promossa dal Dipartimento per le Attività Culturali e resa possibile dalla collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea e la Direzione Regionale Musei Nazionali della Basilicata, si configura come un’occasione per riscoprire un artista chiave nella storia della fotografia italiana.
Le dieci opere esposte, stampate a getto d’inchiostro su alluminio e provenienti dai Musei Nazionali di Matera, sono parte integrante del più ampio progetto “Forse fotografia”, un’iniziativa sostenuta dal Piano per l’Arte Contemporanea (PAC).
Il PAC, fulcro della politica ministeriale a sostegno della produzione artistica contemporanea, si pone come veicolo per l’innovazione, la promozione del patrimonio culturale e l’adozione di standard di eccellenza nella progettazione, programmazione e gestione dell’arte.
Esso rappresenta un investimento strategico nella creatività italiana, incentivando pratiche virtuose e contribuendo alla sua diffusione a livello nazionale e internazionale.
Grazie al supporto del PAC, Mario Cresci ha potuto sviluppare un corpus di opere originali, molte delle quali create in risposta specifica al luogo che le ospita, arricchendo il percorso espositivo itinerante “Forse fotografia”, che ha toccato istituzioni prestigiose come la Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma e il Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata, Palazzo Lanfranchi a Matera.
Fu proprio a Matera che Cresci realizzò “La Cura”, un ciclo di immagini site-specific concepito appositamente per gli spazi del deposito museale, allora sede del laboratorio di restauro della Soprintendenza per i Beni Artistici della Basilicata.
Questa serie, più che una semplice documentazione, costituisce un’indagine antropologica profonda sul lavoro silenzioso e imprescindibile della tutela e del restauro.
Cresci, con la sua lente acuta, non si limita a registrare, ma rivela un’analogia sorprendente tra il destino delle opere d’arte e quello dell’essere umano.
Sculture e dipinti, testimoni del tempo, delle calamità naturali o dell’abbandono, si trasformano, attraverso l’obiettivo dell’artista, in pazienti di un ospedale simbolico dell’arte.
Un luogo di cura che trascende l’estetica, abbracciando dimensioni etiche e culturali.
In questa metafora potente, il restauro non è solo un intervento sulla materia, ma un atto di profonda responsabilità verso il passato e verso il futuro, un gesto di riconoscimento del valore intrinseco di ogni opera e, per estensione, dell’umanità stessa.
L’esposizione a Vicenza offre dunque un’opportunità unica per contemplare l’arte come processo di guarigione, un dialogo intimo tra il passato e il presente, tra l’opera e l’osservatore.







