Il Piano Nazionale per la Salute Mentale 2025-2030 si presenta come un tentativo di risposta strutturata alle crescenti emergenze psicosociali che affliggono il Paese, ma un’analisi approfondita ne rivela debolezze intrinseche che ne compromettono il potenziale di efficacia.
Una riflessione critica, espressa dalla Federazione Italiana Società di Psicologia (FISP), aderente alla FISM, solleva interrogativi fondamentali sul ruolo professionale dello psicologo e sull’assetto territoriale previsto, evidenziando un disallineamento rispetto all’evoluzione del settore e ai principi fondamentali dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
L’obiezione centrale riguarda una concezione limitata e impoverita della figura professionale dello psicologo, relegata a una posizione di mero esecutore di compiti specifici, piuttosto che riconosciuta come professionista sanitario autonomo, dotato di competenze trasversali e fondamentali in ambiti diagnostici, terapeutici, preventivi e riabilitativi.
Questa interpretazione riduttiva ignora la crescente specializzazione e complessità del ruolo psicologico nel contesto contemporaneo, negando il valore intrinseco delle sue capacità di valutazione, intervento e prevenzione del disagio.
Il punto di contesa più significativo risiede nell’ubicazione funzionale prevista per lo psicologo di primo livello.
Il Piano suggerisce un inserimento nei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), una scelta contestata dalla FISP.
La Federazione sostiene che la collocazione più appropriata e strategica per lo psicologo debba essere all’interno dei Dipartimenti Cure Primarie, operando direttamente nei distretti sanitari o, ancora meglio, nelle Case di Comunità.
È in questi contesti che lo psicologo può esercitare al meglio la sua funzione di “sentinella” del disagio psichico, intercettando precocemente i primi segnali di malessere e offrendo un intervento tempestivo.
L’inserimento forzato negli DSM, secondo la FISP, rischia di alterare la natura stessa del ruolo psicologico, trasformandolo da funzione preventiva a gestione di problematiche già consolidate e di elevata gravità.
Questa scelta, inoltre, nega il valore intrinseco delle Case di Comunità, concepite come primo punto di contatto per la cittadinanza, luogo di ascolto, valutazione e orientamento verso i servizi appropriati.
Un destino simile, lamenta la Federazione, potrebbe toccare i Consultori, strutture cruciali per l’intervento precoce su famiglie e giovani generazioni, compromettendo la loro efficacia nel promuovere il benessere psicologico e sociale.
In definitiva, la critica sollevata dalla FISP mira a sollecitare una revisione del Piano Nazionale, orientandola verso una visione più ampia e coerente con le esigenze del contesto attuale e con il riconoscimento del ruolo centrale dello psicologo come professionista sanitario a tutti gli effetti, capace di agire in modo proattivo e strategico nella promozione della salute mentale a livello nazionale.
La piena valorizzazione del professionista psicologo, con un’allocazione funzionale mirata e strategica, rappresenta un investimento fondamentale per il futuro del sistema di salute mentale italiano.