L’emergere del fenomeno definito “baby gang” solleva interrogativi complessi e sfumature che vanno al di là della semplice definizione di gruppo di minori dediti a comportamenti devianti.
L’esperienza diretta maturata in contesti urbani come Milano, e ora ripresa dal prefetto di Trieste Giuseppe Petronzi, rivela una realtà spesso più insidiosa di quanto le apparenze suggeriscano.
La difficoltà primaria risiede nella fluidità e imprevedibilità di queste aggregazioni, che si discostano dai modelli più strutturati di gruppi criminali organizzati.
A differenza di queste ultime, le baby gang tendono a manifestarsi attraverso episodi di aggressività sporadica, alimentata da impulsi e dinamiche spontanee, prive di una precisa pianificazione o gerarchia.
Questa assenza di struttura, paradossalmente, incrementa la difficoltà di intervento e la preoccupazione che suscitano.
La loro imprevedibilità le rende più elusive e difficili da monitorare, rendendo inefficaci strategie di prevenzione basate sulla conoscenza del territorio e dei protagonisti.
L’esperienza del prefetto Petronzi sottolinea un aspetto cruciale: la necessità di prendere sul serio le segnalazioni dei cittadini.
La percezione di insicurezza è un elemento fondamentale da considerare, in quanto riflette una reale ansia diffusa che merita attenzione e risposta.
Ignorare o minimizzare la preoccupazione popolare significa erodere la fiducia nelle istituzioni e alimentare un clima di sospetto e paura.
La sfida, dunque, non è solo quella di reprimere i comportamenti devianti, ma anche di comprendere le radici di questo fenomeno.
Dietro le azioni di questi ragazzi possono celarsi fragilità familiari, disagio sociale, mancanza di opportunità educative e formative.
Un approccio efficace richiede una risposta multidisciplinare che coinvolga servizi sociali, scuole, forze dell’ordine e associazioni del terzo settore.
È fondamentale investire in programmi di prevenzione primaria, mirati a rafforzare il tessuto sociale e a offrire alternative positive ai ragazzi a rischio.
L’educazione alla legalità, la promozione di valori come il rispetto e la responsabilità, e l’offerta di opportunità di crescita personale e professionale sono elementi imprescindibili per contrastare il fenomeno delle baby gang e garantire un futuro più sicuro e sereno per la comunità.
Il prefetto Petronzi ha giustamente evitato promesse facili, sottolineando l’impegno massimo delle istituzioni, consapevole che la soluzione a questo problema complesso richiede tempo, risorse e un’azione concertata da parte di tutti gli attori coinvolti.
L’ascolto attivo dei cittadini e la loro percezione della sicurezza devono essere al centro di ogni azione intrapresa.