La Cineteca di Bologna, in un atto di profonda valorizzazione del patrimonio cinematografico italiano, presenta alla Mostra del Cinema di Venezia (27 agosto – 6 settembre) una pietra miliare della commedia all’italiana: il restauro di “Il magnifico cornuto”, opera del 1964 firmata da Antonio Pietrangeli e interpretata da un memorabile Ugo Tognazzi e Claudia Cardinale.
Il progetto, realizzato in collaborazione con Compass Film, non si limita a recuperare un film, ma a risvegliare un’epoca, un’analisi sociale incisiva e un’indagine psicologica di straordinaria modernità.
Pietrangeli, con acume e audacia, attinge alla drammaturgia teatrale di Fernand Crommelynck – “Le cocu magnifique” del 1921 – per trapiantare la narrazione dal contesto fiammingo all’ambiente della Brescia industriale degli anni ’60.
Questa trasposizione geografica non è un mero spostamento di ambientazione, ma una scelta strategica che permette a Pietrangeli di scandagliare le dinamiche di una società in rapida trasformazione, lacerata tra l’emergere di una nuova classe borghese e la persistenza di valori arcaici e di una morale ipocrita.
Il film, dunque, si configura come un affresco impietoso di una provincia italiana che, dietro una facciata di rispettabilità, cela invidia, pettegolezzi e un profondo senso di insicurezza.
Ugo Tognazzi, nel ruolo di un benestante industriale del cappello, incarna l’uomo moderno, vittima di un’ossessione: la gelosia.
Invece di affrontare il dubbio tradimento con una ricerca della verità, sceglie di auto-infliggersi il dolore della certezza, alimentando una spirale di paranoia e sofferenza.
Il titolo stesso, “Il magnifico cornuto”, rivela l’amara ironia del film, che ne fa un emblema di vergogna e di umiliazione.
La storia, tuttavia, non si limita a una vicenda personale.
Essa è il riflesso di un disagio collettivo, di una crisi d’identità che investe l’intera società.
La difficoltà di promuovere il film, testimoniata dagli aneddoti che narrano del rifiuto dei tassisti di pubblicizzarlo, evidenzia la sensibilità dell’epoca di fronte a temi considerati tabù.
Come osservò acutamente Salvo Randone, l’Italia di allora tendeva ad evitare le parole semplici e dirette, preferendo celare dietro un velo di retorica e di convenzioni sociali le verità più scomode.
Il restauro operato dalla Cineteca di Bologna non si limita a restituire al film la sua bellezza originaria, ma mira a preservare e a trasmettere alle nuove generazioni un’opera che, a distanza di oltre cinquant’anni, continua a essere sorprendentemente attuale, capace di illuminare gli angoli oscuri della condizione umana e le contraddizioni di una società in continuo cambiamento.
Il film diventa così un documento storico e sociale, una chiave di lettura per comprendere le radici del presente e le sfide del futuro.