La tragedia che ha colpito Capoterra, con la perdita di un giovane lavoratore a seguito di un incidente sul lavoro, non può essere relegata a una cronaca di routine.
È un monito urgente, un campanello d’allarme che risuona con toni sempre più cupi e che impone una riflessione profonda e un’azione decisa da parte di tutti gli attori coinvolti.
Come ha giustamente sottolineato il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, la responsabilità di arginare questa spirale di morte non può essere scaricata su un’entità astratta o attribuita a un singolo individuo.
È un dovere collettivo, un imperativo morale che chiama in causa governo, imprese, sindacati, istituzioni e, in ultima analisi, ogni singolo cittadino.
L’apertura di un tavolo di confronto da parte del governo rappresenta un passo iniziale, seppur necessario, ma insufficiente a risolvere una problematica strutturale e radicata.
Non è sufficiente la mera constatazione del problema; sono imprescindibili interventi concreti e misurabili, capaci di incidere sulle dinamiche che favoriscono l’emergenza.
L’attenzione deve concentrarsi in particolare sui meccanismi di appalto a cascata e sulle gare d’appalto condotte all’insegna del ribasso economico, dinamiche che spesso compromettono la sicurezza e la qualità del lavoro.
Il fenomeno degli appalti a cascata, in particolare, crea una catena di responsabilità diluite, dove la pressione sui costi e la riduzione delle tutele si propagano lungo tutta la filiera, mettendo a rischio la vita dei lavoratori.
La ricerca spasmodica del profitto a tutti i costi, spesso anteposta alla sicurezza e alla dignità umana, è la vera causa di questa emergenza.
Le gare al massimo ribasso incentivano, di fatto, la riduzione degli standard di sicurezza, la compressione dei costi per la formazione e l’aggiornamento professionale, e l’impiego di materiali e attrezzature non conformi.
È fondamentale, dunque, ripensare radicalmente il sistema di affidamento dei lavori, introducendo criteri di valutazione che premiano non solo il prezzo più basso, ma anche la sicurezza, la qualità e il rispetto dei diritti dei lavoratori.
Servono controlli più stringenti, sanzioni più severe per chi viola le norme e un sistema di vigilanza efficace e tempestivo.
Ma non è sufficiente limitarsi a misure repressive.
È necessario promuovere una cultura della prevenzione, investendo nella formazione, nell’informazione e nella sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti.
La responsabilità non è solo governativa o imprenditoriale.
I sindacati devono continuare a svolgere il loro ruolo di tutela dei diritti dei lavoratori, promuovendo la contrattazione collettiva e vigilando sul rispetto delle norme.
Ogni lavoratore, a sua volta, deve sentirsi responsabile della propria sicurezza e di quella dei propri colleghi, segnalando eventuali rischi e non esitando a denunciare situazioni di pericolo.
La perdita di una vita umana in un luogo di lavoro non può essere accettata come un evento inevitabile.
È un fallimento collettivo che ci chiama a un cambio di paradigma, a una nuova etica del lavoro, dove la dignità umana e la sicurezza siano valori imprescindibili, al di sopra di qualsiasi interesse economico.
Solo così potremo onorare la memoria della vittima e prevenire future tragedie.