Il 3 settembre 1982, una data che si imprime a fuoco nella memoria collettiva italiana, segnò il tragico epilogo di una vita dedicata alla legalità: l’attentato di via Isidoro Carini a Palermo strappò alla vita il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e la sua sposa, Emanuela Setti Carraro, mentre l’agente Domenico Russo, colpito gravemente, soccombette a quel barbaro agguato pochi giorni dopo.
Più di quarant’anni dopo, quella mattinata di violenza non rappresenta solo un ricordo doloroso, ma un monito imprescindibile, un faro che illumina la necessità di una vigilanza costante e di un impegno condiviso nella lotta contro la mafia e contro ogni forma di criminalità organizzata.
Carlo Alberto Dalla Chiesa incarnò un modello di servizio repubblicano, una figura che, nel corso di una carriera costellata di incarichi delicati, si oppose con intransigenza al terrorismo e a ogni forma di illegalità, dimostrando come il dovere istituzionale possa essere un impegno morale profondo.
La sua prefettura a Palermo fu un fronte di battaglia, un atto di coraggio in un territorio profondamente segnato dalla presenza pervasiva della mafia, consapevole del rischio mortale che tale scelta comportava.
La sua azione, volta a smantellare le strutture del potere mafioso, scosse le fondamenta di un sistema radicato, provocando una reazione violenta e spietata.
Il sacrificio di Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo non deve essere un evento isolato nel tempo, ma un punto di riferimento per le nuove generazioni di magistrati, forze dell’ordine, funzionari pubblici e per tutti coloro che, quotidianamente, si dedicano con passione alla prevenzione e al contrasto della criminalità.
Il loro esempio, un patrimonio inestimabile, ispira un impegno costante nella difesa dei valori democratici e nello sviluppo di una cultura della legalità.
La pretesa delle organizzazioni criminali di esercitare un controllo capillare sul territorio, condizionando le scelte politiche ed amministrative, deviazione di risorse economiche e soffocamento di ogni iniziativa legittima, si infrange contro la resilienza delle istituzioni, la dedizione delle realtà associative, l’impegno del mondo dell’impresa e del lavoro, e soprattutto, contro la coscienza civile di ogni cittadino.
La sinergia tra questi elementi costituisce l’arma più efficace per arginare la criminalità e per rafforzare i principi di legalità e democrazia.
È cruciale, inoltre, promuovere una cultura del rispetto delle regole e dei diritti, che si diffonda in modo capillare, soprattutto tra i giovani.
L’educazione, in questo senso, riveste un ruolo fondamentale.
La scuola, in particolare, deve essere un luogo privilegiato per la trasmissione di valori etici e civici, per la formazione di cittadini consapevoli e responsabili.
La lotta alla mafia non è solo un imperativo morale, ma una condizione imprescindibile per un progresso umano, sociale ed economico duraturo.
Solo liberando i territori dalle logiche criminali, si possono liberare le potenzialità di sviluppo, costruire una società più coesa e giusta, garantire un futuro di opportunità per tutti.
In questo giorno di commemorazione, la Repubblica esprime ancora una volta la sua profonda vicinanza e gratitudine alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo, custodi di una memoria che ci invita a non dimenticare, a vigilare, a continuare a combattere per un’Italia libera e giusta.
L’eredità di questi eroi della legalità deve illuminare il nostro cammino.