La risonanza del silenzio si infrange contro il Leone d’Argento.
Kaouther Ben Hania, regista tunisina, accoglie il prestigioso riconoscimento a Venezia per *The Voice of Hind Rajab*, un film che non è solo un’opera cinematografica, ma un atto di testimonianza, un grido di dolore sedimentato nella terra di Gaza.
Un’opera che, al di là della narrazione di una tragedia individuale – la perdita di Hind, una bambina di cinque anni – si erge a metafora della sofferenza collettiva, della vulnerabilità dei civili intrappolati in un conflitto implacabile.
Il cinema, per Ben Hania, non è mero intrattenimento, bensì un potente strumento di denuncia, un faro che illumina le zone d’ombra, le storie silenziate da un’emergenza umanitaria di proporzioni incalcolabili.
È il coraggio di portare alla luce ciò che viene deliberatamente oscurato, di dare voce a chi non ne ha, di rompere il muro dell’indifferenza che troppo spesso avvolge le vicende belliche.
Il premio, accolto con commozione, si traduce in una dedica solenne: un omaggio alla Mezzaluna Rossa palestinese, incarnazione di un altruismo eroico che sfida la morte e la distruzione.
Questi operatori, quotidianamente esposti a rischi incommensurabili, rappresentano un baluardo di speranza, un tentativo disperato di raccogliere le voci spezzate, le suppliche silenziate da bombardamenti e violenze.
Sono i veri protagonisti di una tragedia che si ripete, che affligge un intero popolo.
*The Voice of Hind Rajab* è un invito a riflettere sulla complessità del conflitto israelo-palestinese, sulla necessità di un’azione umanitaria urgente e su un impegno globale per la giustizia.
È un monito contro l’oblio, un appello a non dimenticare le vittime innocenti, a riconoscere la loro dignità, a onorare la loro memoria.
Il cinema, in questo contesto, non è solo arte, ma responsabilità.
E il Leone d’Argento, non un semplice trofeo, ma un simbolo di speranza per un futuro in cui il grido di Hind possa finalmente cessare.