venerdì 12 Settembre 2025
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Trieste

Cabinovia di Trieste: Un Caso di Governance a Rischio

La vicenda della cabinovia metropolitana di Trieste si configura come un caso emblematico di gestione amministrativa discutibile, un cortocircuito tra ambizioni infrastrutturali e imprescindibili vincoli di sostenibilità ambientale e partecipazione democratica.
Lungi dall’essere una questione meramente tecnica, essa incarna una profonda crisi di responsabilità che richiede un’analisi lucida e disincantata, al di là di ogni autocelebrazione o giustificazione a posteriori.
Il Comitato No Ovovia, con la voce del suo coordinatore William Starc, si pone come sentinella vigile, rifiutando di assistere in silenzio a un progetto che, a suo avviso, si è scontrato con i limiti imposti dalla legge e, soprattutto, con la sensibilità dei cittadini coinvolti.
L’affermazione, “non è il momento di autocelebrarsi, è il momento di ragionare seriamente”, racchiude un monito rivolto a tutti gli attori coinvolti, dalla amministrazione comunale alla regione, passando per i decisori politici.

La sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia, che ha accolto parzialmente i ricorsi presentati, non è solo una vittoria legale per i residenti espropriati, le associazioni ambientaliste e per il Comitato stesso, ma soprattutto un segnale d’allarme per un sistema che ha permesso l’avvio di un procedimento viziato, con la cancellazione di atti fondamentali come la Vinca di terzo livello e la Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

Questi provvedimenti, propedeutici alla Variante Urbanistica Accesso Nord, sono stati giudicati insufficienti a garantire la tutela del territorio e a coinvolgere adeguatamente la cittadinanza.
La prospettiva di una “fulminazione sulla via di Damasco”, espressa con amarezza da Starc, riflette la speranza di una profonda presa di coscienza da parte di chi ha perseguito questa opera, nonostante i segnali di allarme.

Il rischio di una spesa pubblica ingiustificata, che ricade sulle spalle dei contribuenti, è palpabile e richiede un’indagine approfondita sulla corretta gestione dei fondi e sulla responsabilità di chi ha promosso il progetto.
L’accenno alla possibilità di una class action rappresenta uno strumento legale potenzialmente efficace per tutelare i diritti dei cittadini danneggiati e per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Inoltre, il ricorso pendente al Tar del Lazio contro il decreto Salvini, relativo ai finanziamenti destinati alla cabinovia, testimonia la determinazione del Comitato No Ovovia a contestare ogni aspetto del progetto, finanche le sue fonti di finanziamento.

La vicenda della cabinovia di Trieste non è un caso isolato, ma un sintomo di una più ampia crisi di governance, caratterizzata da una tendenza alla realizzazione di opere faraoniche, spesso slegate dalla reale necessità e prive di un’adeguata valutazione dei costi e dei benefici.
È necessario un cambio di paradigma, che ponga al centro la sostenibilità ambientale, la partecipazione democratica e la tutela dei diritti dei cittadini, per evitare che altre vicende simili si ripetano in futuro.

La battaglia del Comitato No Ovovia, al di là del suo esito finale, rappresenta un importante contributo a questo cambiamento.

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