Il 14 settembre, l’orchestra Filarmonica della Scala si appresta a salpare verso Seoul, inaugurando una tournée in Corea del Sud e Giappone che mancava da ben diciassette anni.
Un’impresa logistica imponente, tradotta in 49 container stipati di strumenti preziosi e materiali indispensabili, testimonia la portata dell’evento.
Questa spedizione, ben più di un semplice concerto, si configura come un ponte culturale, una missione diplomatica che vede l’orchestra italiana, simbolo del Paese, impegnata in incontri istituzionali con ambasciate e istituti culturali.
La realizzazione di questa tournée, resa possibile grazie al sostegno di Allianz e Unicredit, è il coronamento di un percorso accidentato.
La crisi economica del 2008 aveva frenato le ambizioni internazionali dell’orchestra, mentre la pandemia del 2020 aveva ulteriormente complicato i piani.
Una tradizione consolidata dal 1988, che aveva portato la Filarmonica a conquistare il pubblico orientale, è ora pronta a riprendere, come sottolinea il coordinatore artistico Damiano Cottalasso, con la concreta prospettiva di un ritorno nel 2027.
I musicisti, testimoni di un’evoluzione culturale profonda, ricordano Seoul degli anni ’90, ancora permeata dall’entusiasmo delle Olimpiadi del 1988.
Oggi, la città si presenta come un mosaico di grattacieli, schermi pubblicitari che proiettano icone del K-Pop e insegne di estetica e cura della pelle, elementi che coesistono con i resti di quell’epoca.
Un ricambio generazionale significativo, con oltre il 10% dei soci dell’orchestra che si sono rinnovati negli ultimi tre anni, ha portato una ventata di freschezza.
I giovani musicisti si sono preparati al viaggio attingendo alle risorse digitali e confrontandosi con colleghi che hanno già avuto esperienze in Corea, un fenomeno in crescita grazie alla diffusione di artisti coreani nel panorama della musica classica.
L’evoluzione del pubblico è altrettanto significativa: nelle sale da concerto, la prevalenza dei giovani, spesso influenzati dalla cultura coreana e dalla ricerca di una giovinezza percepita, testimonia un cambiamento di sensibilità.
Un giorno libero, un lusso in un tour di questa portata, viene sfruttato per esplorare i palazzi reali, i quartieri tradizionali e i musei di Seoul.
Altri, in un connubio di tradizione e modernità, si concedono trattamenti di skincare, fenomeno dilagante tra gli appassionati, o si affidano all’abilità di sarti locali di Itaewon per confezionare un frac su misura, una divisa quasi sacra per i musicisti.
La sartoria “Manchester”, rinomata per la sua eleganza inglese, è un punto di riferimento per l’orchestra, che ha precedentemente commissionato i suoi abiti da lavoro lì.
Nonostante l’aumento dei prezzi, da 250 a 350 euro, e la difficoltà di alcune sartorie a sopravvivere alle conseguenze del Covid, il frac rimane un simbolo di professionalità e raffinatezza.
Il corno Roberto Miele e la tromba Francesco Tamiati si dedicano a un’attività di scambio culturale, tenendo una masterclass presso la Sungshin Women’s University College of Music.
Un’iniziativa che rinsalda un legame preesistente, dopo un precedente invito e persino una deviazione dalla tournée a Mosca nel 2013.
L’inizio del tour è segnato da un diluvio universale, ma anche da piccoli dissidi interni, tipici di qualsiasi gruppo: le trombe discutono della divisione dei ruoli, i contrabbassi lamentano la mancanza di strumenti.
La chat interna alla tournée è un flusso continuo di richieste di informazioni sul programma, nonostante il programma stesso sia il primo messaggio.
La perdita di oggetti personali, come passaporti, telefoni, giacche e persino portaabiti, è una costante, ma la fortuna sorride e quasi tutto viene recuperato.
Il jet lag si fa sentire, preludio a un tour di due settimane che toccherà sette città con otto concerti, mentre i musicisti lottano per mantenere un contatto con la vita in Italia, tra i compiti dei figli, le incombenze burocratiche e le preoccupazioni per la salute dei propri cari.
L’arrivo del maestro Myung-Whung Chung, direttore emerito dell’orchestra e futuro direttore musicale del teatro, segna un momento cruciale.
“Siamo una famiglia”, esorta il maestro, sottolineando l’importanza del legame tra l’orchestra e il suo Paese.
L’ovazione del pubblico al Seoul Art Center Music Hall e a Busan è un’esplosione di gioia e gratitudine.
I musicisti si fermano per autografare, mentre un’ondata di commenti e osservazioni si diffonde tra i filarmonici.
Un impegno ancora più intenso si profila all’orizzonte.