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Nagel lascia Mediobanca: liquidazione incentivi da 18 milioni

L’uscita di Alberto Nagel dalla guida di Mediobanca, in programma per il 28 ottobre, è accompagnata da una complessa e significativa liquidazione di incentivi, destinata a sollevare interrogativi sulla politica retributiva di istituzioni finanziarie di primaria importanza.
La cifra complessiva, stimata in circa 18 milioni di euro, rappresenta il valore convertito di performance shares maturate nel corso degli anni e destinate a essere corrisposte fino al 2032.
Questa liquidazione, che si discosta significativamente dalla prassi consolidata, è stata resa possibile da una decisione strategica della banca, legata all’offerta pubblica di acquisto (OPA) su Banca Mps e volta a consentire ai vertici aziendali di incassare le spettanze in forma monetaria.

Il valore di conversione fissato a 19,9216 euro per azione testimonia la complessità del contesto negoziale e la necessità di garantire una transizione fluida per il management.

Questa ingente somma non include solamente la liquidazione differita delle performance shares, ma anche i compensi in contanti relativi alla remunerazione annuale di Nagel, precedentemente differiti.
Un esame più approfondito dei rendiconti finanziari rivela che Nagel ha già percepito nell’ultimo esercizio una remunerazione totale di 4,49 milioni di euro, suddivisa tra un emolumento fisso di 1,9 milioni e una remunerazione variabile di 1,8 milioni, legata a piani di incentivazione già assegnati.
Pur risultando leggermente inferiore ai 4,58 milioni percepiti nell’esercizio precedente, l’ammontare complessivo rimane elevato e pone l’attenzione sulla filosofia retributiva adottata da Mediobanca.
La decisione di liquidare le performance shares prima della scadenza prevista, in un momento di riorganizzazione istituzionale come quello attuale, solleva interrogativi sulla trasparenza e sull’equità delle politiche retributive applicate a figure apicali.
Si apre un dibattito importante sulla necessità di una maggiore responsabilizzazione e allineamento degli interessi dei manager con quelli degli azionisti e del mercato, evitando che ingenti somme vengano percepite indipendentemente dalle performance aziendali e dalla sostenibilità del modello di business.
L’episodio potrebbe innescare un ripensamento più ampio delle pratiche di incentivazione nel settore bancario, orientando le politiche retributive verso obiettivi di lungo termine e misurabili, in grado di promuovere una crescita sostenibile e di rafforzare la fiducia degli investitori.
L’attenzione ora è focalizzata sull’impatto di questa decisione sulla reputazione della banca e sulla sua capacità di attrarre e trattenere talenti nel futuro.

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