Nel cuore del Festival della Comunicazione di Fermo, un’occasione di profonda riflessione si è concretizzata con il convegno “Avrò cura di te”, un’immersione multidisciplinare nel complesso universo delle cure palliative e del fine vita. L’evento, promosso dalla Società San Paolo e dalle Figlie di San Paolo, ha rappresentato un dialogo stimolante tra scienza, esperienza umana, principi etici e dimensioni spirituali, unendo voci autorevoli per esplorare la delicata arte della comunicazione della fragilità.Guidato dalla competenza del giornalista Andrea Braconi, il dibattito ha visto protagonisti medici specializzati e Emanuel Exitu, autore di “Di cosa è fatta la speranza”, un’opera che offre una prospettiva intima e commovente sul movimento delle cure palliative. L’incontro ha trascendentato la mera discussione tecnica, aspirando a toccare le corde più profonde dell’animo umano, quelle che si accendono di fronte alla sofferenza e alla finitudine.Simone Pizzi, figura di spicco nel panorama delle cure palliative pediatriche, ha sottolineato con forza un principio fondamentale: il bambino, anche quando afflitto da una malattia grave e incurabile, non può essere ridotto a un mero insieme di dati clinici. È, innanzitutto, una persona, portatrice di una dignità intrinseca, desideri inespressi, legami affettivi che lo legano al mondo. La medicina, ha affermato, non incontra il suo fallimento con la morte, bensì quando, abbandonando il paziente, si sottrae all’impegno di alleviare la sofferenza e offrire conforto. Questa visione implica una profonda revisione del ruolo del medico, chiamato a trascendere l’approccio puramente terapeutico per abbracciare un’attenzione olistica che tenga conto del benessere emotivo, sociale e spirituale del paziente e dei suoi cari.Emanuel Exitu, attraverso il racconto del suo viaggio intellettuale e narrativo, ha introdotto la figura ispiratrice di Cicely Saunders, fondatrice del moderno movimento delle cure palliative. Saunders, ha spiegato, ha posseduto una straordinaria capacità di vedere opportunità dove altri percepivano solo ostacoli, una visione audace alimentata dalla speranza e dalla convinzione che la sofferenza, per quanto intensa, potesse essere alleviata e trasformata in un’esperienza di crescita e connessione umana. Il suo approccio pionieristico ha rivoluzionato il modo di concepire l’assistenza al morire, spostando l’attenzione dalla mera prolungamento della vita alla qualità dell’esistenza, all’importanza del dialogo, dell’ascolto attivo e del supporto emotivo.Il convegno, nel suo complesso, ha offerto una prospettiva ricca e sfaccettata sull’importanza di un approccio umanizzato alle cure palliative, invitando a riflettere sulla responsabilità collettiva di accompagnare con dignità e compassione chi si trova ad affrontare la fine del percorso vitale, valorizzando ogni istante e preservando la speranza come fonte di resilienza e significato.
Cure palliative: un convegno tra scienza, etica e speranza.
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