Il debutto di *Zelmira* al Rossini Opera Festival di Pesaro, il 10 agosto all’Auditorium Scavolini, ha generato un’onda di emozioni contrastanti, culminata in un lungo e sentito applauso interrotto da un coro di fischi che ha segnato una netta divisione di intenti tra palcoscenico e platea.
Se l’esecuzione musicale, diretta da Giacomo Sagripanti, e le interpretazioni vocali hanno universalmente conquistato il pubblico, la messinscena di Calixto Bieito ha suscitato perplessità e, in alcuni casi, aperta contestazione.
L’interpretazione di Anastasia Bartoli nel ruolo del titolo, una Zelmira tormentata e carica di pathos, si è fusa con la notevole performance di Marina Viotti, che ha incarnato Emma con una profondità emotiva palpabile.
A completare il quadro, un cast corale di altissimo livello: Enea Scala (Antenore), Lawrence Brownlee (Ilo), Marko Mimica (Polidoro), Gianluca Margheri (Leucippo), Paolo Nevi (Eacide) e Shi Zong (Gran Sacerdote), ognuno capace di dare voce alle intricate dinamiche politiche e personali che animano la vicenda.
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e il Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato da Pasquale Veleno, hanno offerto un supporto impeccabile, restituendo la complessità armonica e il dramma latente che permea l’opera di Rossini.
La regia di Bieito, tuttavia, ha tentato un approccio radicalmente innovativo, scomponendo le convenzioni scenografiche per presentare una visione astratta e dinamica.
L’auditorium è stato trasformato in un palco centrale sollevato, una piattaforma in plexiglas semovibile illuminata, che accoglieva l’orchestra e fungeva da trampolino per figure e simboli.
L’intento era di creare un’esperienza a 360 gradi, liberando i cantanti dai confini tradizionali e integrando il coro in una scenografia mutevole.
La trama, incentrata su congiure reali, accuse ingiuste e un salvataggio finale ambientati nell’Antica Grecia, si è trasformata in un flusso continuo di immagini e gesti, a volte oscurando la chiarezza narrativa.
L’uso massiccio di elementi simbolici – statue, urne funerarie, ulivi, lastre di plexiglas, elmetti da guerra – anziché illuminare la drammaturgia, ha spesso creato un effetto di distrazione, allontanando lo spettatore dalla comprensione del racconto.
L’assenza dei sottotitoli, un’opportunità persa nonostante la possibilità di scaricare il libretto online, ha ulteriormente complicato la fruizione dell’opera.
La costumistica di Ingo Krugler, in linea con la ricerca di una teatralità contemporanea, ha impiegato un linguaggio visivo contrastante.
Zelmira, simbolo di innocenza e prigionia, passa da un abbigliamento da soldato a una sontuosa gonna ottocentesca.
I costumi neri degli usurpatori evocano un’aura di malavita, mentre il re Polidoro, nascosto nella tomba, è ricoperto di cenere.
La varietà di abiti, dal tunica grecizzante di Azorre, sempre presente come presagio di morte, all’impermeabile trasparente di Leucippo, fino al completo da incursore di Ilo, contribuisce a creare un immaginario visivo ricco e complesso.
Il Rossini Opera Festival, fedele alla sua tradizione di libertà espressiva, ha consentito a Bieito di realizzare la sua visione, abbinandola però a una rigorosa interpretazione filologica della partitura, frutto della ricerca scientifica condotta dalla Fondazione Rossini.
Questa combinazione unica di innovazione scenica e fedeltà al testo, rappresenta un elemento distintivo del festival e un esempio di come la tradizione e la sperimentazione possano coesistere in un contesto lirico di eccellenza.
Le repliche sono previste il 13, 16 e 19 agosto.