L’eco delle parole di Liliana Segre, pronunciate in Parlamento durante la presentazione di una proposta di legge contro l’odio, ha risvegliato ferite profonde e inaspettate nel tessuto democratico italiano.
L’ondata di insulti e minacce rivolte alla testimone della Shoah ha rappresentato un campanello d’allarme, un sintomo preoccupante di un clima sociale intriso di intolleranza e di un linguaggio politico sempre più aggressivo.
In risposta a questo episodio sconcertante, il sindaco di Bologna, Matteo Ricci, ha promosso un gesto di solidarietà, organizzando una mobilitazione di sindaci per esprimere il sostegno a Segre e, soprattutto, per ribadire l’importanza di contrastare ogni forma di discriminazione e violenza verbale.
La netta assenza dei rappresentanti di Lega e Fratelli d’Italia a questa iniziativa, come ha giustamente sottolineato Ricci, evidenzia una profonda contraddizione.
Coloro che si ergono a paladini della morale e della difesa dei valori, si sono astenuti da un atto di chiaro sostegno a una figura simbolo della memoria e della lotta contro l’odio.
Questo comportamento non è un fatto isolato, ma un elemento di un trend più ampio.
Da anni, il linguaggio politico utilizzato da alcune forze partitiche ha contribuito ad alimentare un clima di sospetto, di divisione e di ostilità.
La semplificazione eccessiva dei problemi, l’attacco alle minoranze, la retorica della paura e la diffusione di fake news, hanno eroso i ponti del dialogo e hanno normalizzato l’aggressività verbale.
La proposta di legge contro l’odio, presentata da Liliana Segre, mira a fornire strumenti giuridici più efficaci per contrastare i fenomeni di incitamento alla violenza e alla discriminazione, senza però limitare la libertà di espressione.
Il dibattito che ne è seguito, e le reazioni che hanno accompagnato la sua presentazione, hanno messo in luce la complessità del tema e la necessità di un approccio più consapevole e responsabile da parte di tutti gli attori politici e sociali.
Ricci, con la sua presa di posizione, ha invitato implicitamente a una riflessione urgente: è necessario riconoscere e assumersi la responsabilità del ruolo che il linguaggio politico gioca nel plasmare la società.
L’indifferenza e la connivenza con l’odio sono le vere complici della violenza.
Il silenzio, in questi frangenti, diventa un’arma a doppio taglio, capace di legittimare comportamenti inaccettabili e di compromettere il futuro della democrazia.
La solidarietà a Liliana Segre non è solo un gesto di vicinanza a una persona offesa, ma un atto di difesa dei valori fondamentali della nostra Costituzione e della nostra convivenza civile.