Nel complesso quadro dell’indagine che ha visto coinvolto l’ex procuratore Mario Venditti, e che ha riportato alla luce dettagli cruciali nel caso Garlasco, emerge la testimonianza di Giuseppe Sempio, padre dell’indagato Andrea Sempio, accusato per l’omicidio di Chiara Poggi.
La sua deposizione, acquisita in data 26 settembre, rivela una strategia difensiva orientata a giustificare ingenti somme di denaro versate in contanti, dipingendo una situazione di vulnerabilità finanziaria e di completa dipendenza nei confronti della professione forense.
Il racconto di Sempio si focalizza su un “appunto Venditti gip archivia X 20.30 euro”, presumibilmente una stima preliminare delle spese legali previste qualora il procedimento fosse si fosse concluso con l’archiviazione.
Questa cifra, a quanto pare, costituì la base per una serie di prelievi in contanti, finanziati inizialmente tramite prestiti concessi dalle zie di Andrea.
L’ammontare complessivo erogato, secondo la testimonianza, si è attestato tra i cinquantacinquemila e i sessantamila euro, una somma considerevole che solleva interrogativi sulla trasparenza e la correttezza delle operazioni finanziarie.
Giuseppe Sempio, nel suo verbale, sottolinea ripetutamente la sua percezione di essere “in balia” e “allo sbaraglio” a causa delle accuse gravate sul figlio e delle sue difficoltà economiche.
Questa narrazione si presenta come un tentativo di spiegare l’assenza di documentazione formale, come fatture o ricevute, per le erogazioni ai legali.
Quando gli investigatori gli richiamano un’intercettazione in cui menziona la necessità di “pagare quei signori lì”, Sempio non ha dubbi: si riferiva agli avvocati.
La sua confessione, sebbene presentata come una constatazione, suggerisce una struttura di potere disfunzionale, dove la famiglia Sempio si trovava in una posizione di totale sottomissione nei confronti dei propri difensori.
L’assenza di controlli e la mancanza di chiarezza sulle attività svolte dagli avvocati, come ammesso dallo stesso Sempio, alimentano sospetti di irregolarità e possibili abusi professionali.
La sua affermazione di non sapere “una virgola di cosa facessero” solleva interrogativi sulla sua reale conoscenza e partecipazione alla gestione del caso legale, suggerendo una fiducia cieca e una passiva accettazione di scelte difensive potenzialmente opache.
La sua testimonianza, dunque, si configura come un tassello cruciale per ricostruire le dinamiche complesse e potenzialmente compromettenti che hanno caratterizzato la vicenda giudiziaria di Andrea Sempio.