Custodia cautelare a Venezia: svolta nel caso di un minore egiziano.

Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale per i Minorenni di Venezia, ha segnato una svolta nel percorso giudiziario di un minore di origine egiziana, privo di residenza stabile in Italia, attualmente seguito dalle Carabinieri della stazione di Prata (Pordenone).

Questo atto, di natura eccezionale nel contesto della giustizia minorile, si configura come risposta a una serie di gravi e reiterate infrazioni commesse dal giovane durante il periodo in cui era sottoposto a una misura di collocamento in una comunità socio-educativa.
La misura precedente, volta a fornire un ambiente strutturato e supporto pedagogico al minore, si era dimostrata inefficace nel contenere comportamenti rischiosi e contrari alla legge.

Le indagini condotte dai Carabinieri hanno portato alla luce un quadro complesso, caratterizzato da reiterati allontanamenti non autorizzati dalla comunità, violazioni delle regole interne, furti perpetrati all’interno della struttura stessa e, soprattutto, una persistente assunzione di sostanze stupefacenti.

Queste azioni, puntualmente documentate e segnalate all’autorità giudiziaria, hanno evidenziato una dinamica di inadeguatezza della misura precedentemente applicata.

L’inerzia del Tribunale per i Minorenni, chiamata a valutare la pericolosità del soggetto e la sua capacità di beneficiare di un percorso rieducativo in ambiente protetto, ha portato a una decisione di natura temporanea ma significativa: la custodia cautelare in carcere.

La scelta di ricorrere alla custodia cautelare, una misura che in teoria dovrebbe essere l’ultima risorsa nel caso di minori, sottolinea la gravità delle infrazioni commesse e la preoccupazione per la sicurezza del minore stesso, degli altri ospiti della comunità e, in generale, della collettività.

L’atto stesso evidenzia una problematica più ampia, quella della gestione dei minori stranieri in difficoltà, spesso vittime di marginalità sociale e di percorsi di vita traumatici, e la difficoltà di trovare soluzioni alternative alla detenzione, che spesso si rivelano inefficaci nel promuovere la reintegrazione sociale.
Il minore è ora detenuto presso l’Istituto penale per i minorenni di Treviso, dove proseguirà il suo percorso giudiziario, con la speranza che la severità della misura possa fungere da deterrente e spingere il giovane verso un cambiamento radicale, in grado di garantirgli un futuro più sicuro e costruttivo, anche se il peso della decisione e le sue ripercussioni emotive rappresentano una sfida complessa per tutti gli attori coinvolti.

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