martedì 14 Ottobre 2025
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Laika: Calcio e Genocidio, un’Accusa al Sistema Sportivo

L’installazione provocatoria di Laika, intitolata “The Bloody Match”, si erge in via Giulio Caccini, a breve distanza dalla sede della Federazione Italiana Giuoco Calcio, come un atto d’accusa diretto al sistema sportivo globale.

L’opera, cruda e impietosa, raffigura un calciatore, simbolo della nazionale israeliana, il numero 67 sulle spalle a rimarcare la tragica cifra dei palestinesi deceduti a Gaza, in una dinamica che oscilla tra la rappresentazione di un atleta e quella di un guerriero.

In mano stringe un’arma, mentre un pallone insanguinato, recante la dicitura in arabo “Gaza”, giace calpestato sotto i suoi piedi, incarnando l’oppressione e la profanazione di un simbolo universale come il calcio.
Laika non intende semplicemente criticare un evento sportivo, ma svela le strategie di strumentalizzazione della cultura calcistica, trasformandola in veicolo di propaganda e legittimazione di un regime oppressivo, paragonabile a un sistema di apartheid.

La partita di stasera, definita “partita della vergogna”, emerge come un rituale ipocrita, un palcoscenico che amplifica le contraddizioni del potere, escludendo e punendo la Russia mentre accoglie e tollera Israele, nonostante le accuse di crimini di guerra.
Questo disallineamento rivela una pericolosa relativizzazione della giustizia, dove la gravità di un crimine è quantificata in base all’appartenenza geopolitica del suo perpetratore.

L’artista riprende le dichiarazioni del Ministro Abodi, definendo Israele un “Paese aggredito”, evidenziando come la narrazione ufficiale distorca la realtà e minimizzi la sofferenza della popolazione palestinese.

La cifra di 67.000 vittime, un numero terrificante che equipara la distruzione di uno Stadio Olimpico intero, si erge come un memento mori, un promemoria costante della portata della catastrofe umanitaria in corso.

L’opera si rivolge direttamente ai calciatori della nazionale italiana, invitandoli a confrontarsi con la loro responsabilità morale.

Laika auspica uno stadio deserto, un gesto simbolico di rifiuto di partecipare a un evento macchiato di sangue, un rifiuto di legittimare un regime accusato di genocidio.
I giocatori sono chiamati a riconoscere l’impegno dei loro avversari, sostenitori di un regime che opera con la tacita approvazione di istituzioni sportive e politiche.
La manifestazione prevista a Udine, in Piazza della Repubblica, si configura come un’alternativa all’indifferenza e alla complicità, un luogo di aggregazione per chi difende la giustizia e i diritti umani, al fianco del popolo palestinese.

Il cessate il fuoco, pur rappresentando un primo passo, non può cancellare la devastazione e gli orrori già commessi, né la necessità di un impegno continuo per la ricerca di una soluzione equa e duratura.

Laika, con la sua opera, invita a non dimenticare, a denunciare l’imperialismo occidentale e a lottare per un mondo in cui la dignità umana sia finalmente riconosciuta e rispettata.

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