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venerdì 24 Ottobre 2025

Occupazione all’Università di Trento: Rottura e Preoccupazioni del Rettore

L’occupazione del Dipartimento di Sociologia all’Università di Trento, orchestrata da un gruppo di circa sessanta persone, tra studenti universitari e figure esterne alla comunità accademica, ha segnato un punto di rottura rispetto alle precedenti manifestazioni di dissenso che hanno animato l’ateneo.

La reazione del Rettore, Flavio Deflorian, esprime una preoccupazione profonda, non tanto per l’attivismo stesso – che riconosce come espressione di legittimi coinvolgimenti su temi cruciali come la drammatica situazione a Gaza – quanto per la sua modalità di espressione, che ha trascritto un limite invalicabile.

L’atto di bloccare l’accesso al Dipartimento, impedendo ai docenti di svolgere le loro attività, rappresenta un’escalation che l’istituzione non può tollerare.
Questa azione non è semplicemente una forma di protesta; è un’interruzione intenzionale del diritto all’istruzione e all’esercizio della funzione docente, con implicazioni che vanno ben oltre la sfera del dissenso pacifico.
L’amministrazione universitaria ha prontamente adottato misure per mitigare i disagi, riprogrammando le lezioni in sedi alternative e attivando canali di didattica a distanza.
Tuttavia, la situazione richiede un approccio complesso, che bilancia il rispetto per il diritto di protesta con la necessità di garantire il regolare svolgimento delle attività accademiche e il mantenimento dell’ordine.
Il Rettore ha sottolineato l’impegno dell’ateneo a dialogare con gli occupanti e con le autorità competenti, inclusa la Digos, per trovare una soluzione pacifica e duratura.

L’obiettivo primario è il ripristino della normalità, ma l’amministrazione è anche consapevole che una risposta misurata e ponderata è necessaria per ristabilire il rispetto delle regole e prevenire che simili episodi si ripetano.

L’intervento delle forze dell’ordine, seppur indesiderato, non è escluso, ma sarà valutato attentamente in Senato Accademico, alla luce delle evoluzioni del contesto e nel rispetto della legalità.

Questa vicenda solleva interrogativi fondamentali sulla natura del dissenso, sui limiti dell’azione dimostrativa e sulla responsabilità delle istituzioni pubbliche nel garantire il diritto allo studio e la libertà di insegnamento, preservando al contempo un ambiente accademico aperto al confronto e alla critica costruttiva.
La questione non è, quindi, un semplice scontro tra studenti e amministrazione, ma un confronto sulla natura stessa della convivenza civile e sul ruolo delle università come luoghi di apprendimento, di ricerca e di cittadinanza attiva.

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