L’urgenza di un ripensamento profondo e strutturale emerge con forza nel dibattito sull’accordo di programma per l’area ex-Ilva, un tema che troppo spesso, a nostro avviso, rischia di essere semplificato in una dicotomia tra imperativi ambientali e necessità occupazionali.
Non si tratta di un “o l’uno o l’altro”, bensì di una complessa sinergia che esige una visione integrata e lungimirante.
Come sottolineato dal segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma, il percorso verso la decarbonizzazione, imprescindibile per il futuro del pianeta, non può, e non deve, erodere il tessuto socio-economico di un territorio come quello tarantino, profondamente segnato dalla presenza storica dell’acciaieria.
L’attuale proposta di accordo, pur delineando obiettivi ambiziosi in termini di modernizzazione tecnologica e potenziali riallineamenti produttivi, inclusa la possibilità di una parziale delocalizzazione, necessita di una revisione attenta e responsabile.
Il rischio di un approccio riduttivo, che relegasse la questione occupazionale a mero dettaglio accessorio, sarebbe inaccettabile.
Il diritto al lavoro, la tutela del reddito e la valorizzazione delle competenze dei lavoratori devono costituire un pilastro fondamentale di qualsiasi strategia di transizione industriale.
La delega di responsabilità verso le lavoratrici e i lavoratori, come implicito in scenari che prevedono la parola “esuberi”, è una prospettiva non solo inaccettabile ma anche miope.
Una transizione tecnologica ed ecologica, per essere realmente sostenibile, deve essere inclusiva e garantire la riqualificazione professionale, l’accompagnamento alla nuova occupazione e, laddove necessario, misure di sostegno al reddito che preservino la dignità e la stabilità delle famiglie.
Si tratta di immaginare percorsi di riconversione industriale che non si limitino a sostituire posti di lavoro perduti con nuove opportunità, ma che creino un ecosistema produttivo diversificato e resiliente, capace di generare valore aggiunto e di attrarre investimenti innovativi.
Un approccio proattivo, che coinvolga attivamente sindacati, istituzioni, imprese e comunità locali, è essenziale per definire strategie di sviluppo sostenibile, che coniughino la tutela dell’ambiente con la creazione di posti di lavoro di qualità.
La sfida che ci attende non è solo quella di decarbonizzare un’industria pesante, ma anche quella di costruire un futuro più equo e prospero per tutti, un futuro in cui la transizione ecologica sia un’opportunità di crescita e non una fonte di disuguaglianze e di precarietà.
La parola d’ordine deve essere quella della responsabilità collettiva, un impegno condiviso per un futuro che rispetti l’ambiente, protegga i lavoratori e promuova lo sviluppo sostenibile.