Il caso dell’altoforno 1 delle Acciaierie d’Italia a Taranto rappresenta un episodio di rilievo nella gestione di impianti industriali e nelle procedure di sicurezza in vigore. La procedura standard per l’esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dopo un evento di questo tipo, come l’incendio del 7 maggio scorso, prevede che i cowpers e il crogiolo dell’altoforno vengano immediatamente puliti dei materiali fusi accumulati. Questo intervento non è stato autorizzato in tempo utile dall’autorità competente, rendendo le procedure di esecuzione standard meno applicabili.Secondo fonti vicine al dossier, l’altoforno era pieno di fusi all’epoca dell’incidente, e in casi del genere si deve agire entro 48 ore per evitare danni strutturali. Tuttavia, i lavori richiesti non hanno ottenuto il via libera entro il termine prestabilito, limitando così la possibilità di eseguire le procedure standard.Una volta autorizzate alcune attività attraverso un provvedimento del 10 maggio scorso, è stato sottolineato che il periodo trascorso (oltre 120 ore dall’evento) rende ormai impossibile procedere al colaggio dei fusi. Ciò significa che in caso di riavvio dell’impianto sarebbero necessarie procedure straordinarie e complesse, con esiti assai incerti.Inoltre, l’azienda ha affermato che il parere espresso da ARPAPuglia, agendo come ausiliario tecnico della Procura, ha contribuito significativamente a ritardare l’autorizzazione agli interventi. Ciò potrebbe aver compromesso la possibilità di rispettare il cronoprogramma industriale e influirebbe negativamente sui numeri relativi alla cassa integrazione.Il caso rappresenta un esempio della necessità di attuare procedure rapidamente in emergenza per evitare danni strutturali e garantire la sicurezza.
Il Caso Dell’Altoforno 1: Un Incidente A Taranto Che Mette In Discussione Le Procedure Di Sicurezza
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