Il Palazzo del Fulgor, a Rimini, un edificio intriso della poetica felliniana e fulcro del Fellini Museum, celebra l’eredità di un testimone privilegiato dell’arte contemporanea: Antonio D’Agostino.
Dal 30 agosto al 30 settembre, la mostra “Antonio D’Agostino.
Immagini Fluxus – Fotografie degli anni ’70” offre uno sguardo inedito e profondamente evocativo di un movimento artistico radicale e trasformativo.
D’Agostino, nato nel 1938 e scomparso nel 2025, non fu semplice documentarista, ma un partecipante silenzioso e acuto dell’esperienza Fluxus.
Il movimento, germogliato negli anni Cinquanta negli Stati Uniti sotto l’impulso di George Maciunas, si configura come una reazione critica e performativa contro le istituzioni artistiche consolidate e le gerarchie estetiche del dopoguerra.
La sua diffusione, inizialmente confinata all’America, si estese rapidamente in Europa e in Giappone, grazie a una rete internazionale di artisti che condividevano un approccio multidisciplinare e spesso transitorio all’arte.
La mostra riminese, con circa quaranta fotografie in bianco e nero, offre una finestra su un periodo cruciale, il 1974 ad Art Basel, quando D’Agostino immortalò figure chiave del Fluxus, tra cui Nam June Paik, pioniere nell’uso dei video come medium artistico; Charlotte Moorman, cellista provocatrice e figura centrale nell’ambiente Fluxus; Giuseppe Chiari, interprete e coreografo di performance sperimentali; Takako Saito, artista visiva che esplorava la relazione tra suono, movimento e spazio; Joe Jones, artista concettuale noto per le sue performance e installazioni; e Geoffrey Hendricks, compositore e artista multimediale.
Le fotografie di D’Agostino non si limitano a registrare eventi; esse catturano l’essenza stessa del movimento Fluxus: la sua natura effimera, il suo rifiuto del mercato dell’arte, la sua enfasi sulla partecipazione del pubblico, la sua tendenza all’umorismo e all’assurdo, la sua ricerca di nuove forme espressive che superassero i confini tradizionali tra arte, musica, danza e teatro.
L’approccio concettuale di Fluxus, che poneva l’idea alla base dell’opera d’arte, si riflette nella capacità di D’Agostino di cogliere l’attimo, di immortalare gesti, espressioni e interazioni che definiscono un’epoca di profondo fermento intellettuale e artistico.
L’esposizione, curata con sensibilità da Carmelita Brunetti e Marco Leonetti, si inserisce nel più ampio progetto di rilancio culturale del Palazzo del Fulgor, che ambisce a diventare un punto di riferimento per l’arte contemporanea e il cinema d’autore, continuando a esplorare nuove forme di dialogo tra passato, presente e futuro, in un omaggio all’innovazione e alla libertà creativa che hanno da sempre caratterizzato l’identità di Rimini.
Il lavoro di D’Agostino, in questo contesto, emerge come una testimonianza preziosa, capace di illuminare le radici e le implicazioni del movimento Fluxus, e di stimolare una riflessione critica sul ruolo dell’arte nella società contemporanea.